Lo storico smentisce Ignazio La Russa su via Rasella: «Altro che pensionati, quelli erano soldati nazisti»
Lutz Klinkhammer, 62 anni, è uno storico tedesco. I suoi campi d’indagine sono lo sviluppo del nazismo e la seconda guerra mondiale. Klinkhammer è anche vicedirettore dell’Istituto Storico Germanico di Roma. E in un’intervista rilasciata oggi a Repubblica smentisce il presidente del Senato Ignazio La Russa. Il quale ieri ha sostenuto che l’attentato di via Rasella è stata «una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza: quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati, e non nazisti delle SS». Lo storico dice che la storia gli giunge nuovissima: «Confesso di non aver mai letto questa notizia in nessun libro di storia. È esistita una vulgata non solo di marca neofascista che riteneva i soldati della Bozen “ciò che di meno pericoloso si poteva trovare nell’esercito tedesco”. Ma si tratta appunto di una mitologia, priva totalmente di fondamento storico».
Revisionismi
Lo storico spiega che quelli morti a via Rasella «erano soldati del terzo battaglione, reggimento di polizia Bozen. Per mettere a fuoco che cosa siano stati i battaglioni di polizia creati da Himmler, il capo delle SS, bisogna leggere il libro di Cristopher Browning “Uomini comuni”: questi battaglioni parteciparono allo sterminio degli ebrei nell’Est d’Europa. E il quindicesimo reggimento di polizia, che precedette a Roma i soldati della Bozen, prese parte al rastrellamento degli ebrei il 16 ottobre del 1943». E ricorda che i soldati della Bozen «portavano la stessa divisa della polizia d’ordine nazista che era quella indossata dai rastrellatori. Formalmente erano tutti inquadrati nell’impero delle SS, sotto Himmler, che infatti il 24 febbraio – un mese prima dell’attentato di via Rasella – emanò un decreto per il quale i reggimenti di polizia dovevano prendere il nome di “Reggimenti di polizia SS”». E facevano quindi parte dell’apparato repressivo dei nazisti a Roma.
La Bozen
«In origine i reggimenti di polizia con personale altoatesino erano quattro: uno di questi era la Bozen. Furono creati da Himmler subito dopo l’inizio dell’occupazione tedesca in Italia perché le forze naziste non erano sufficienti. Andarono a reclutare i soldati tra gli altoatesini perché in maggioranza nel 1939 avevano optato per la Germania, quindi inclini all’identità austrotedesca», aggiunge. E non è nemmeno vero che i soldati della Bozen fossero tutti altoatesini: «Solo i soldati di grado inferiore. Erano stati reclutati tra l’annata 1884 e il 1926, senza badare alla differenza tra “optanti e rimanenti, cioè tra chi nel 1939 aveva scelto di aderire alla Germania e chi invece preferiva restare in Italia». Mentre gli ufficiali «erano tutti tedeschi, soprattutto provenienti dalla Germania settentrionale: questo creava problemi con i soldati semplici, non solo per la diversità linguistica ma anche perché i tedeschi del Nord considerava gli altoatesini alla stregua dei meridionali…».
Italia e Germania
Infine, Klinkhammer spiega la differenza tra Italia e Germania su fascismo e nazismo: «Le culture della memoria, italiana e tedesca, sin dagli anni Novanta vanno in direzioni opposte. La Repubblica di Berlino della memoria dei crimini nazisti ha fatto una ragione di Stato. E negli stessi anni è cominciata in Italia la guerra delle memorie, con lo sdoganamento dei ragazzi di Salò dopo lo sdoganamento del ventennio fascista. A me pare che questo tipo di revisionismo storico sia paragonabile a quello di alcuni paesi ex comunisti dove sono rivalutati come patrioti anticomunisti chi aveva combattuto al fianco dei nazisti. Ma questo genere di operazioni memoriali non tiene conto dei documenti storici. E questo è un problema».
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