Ultima generazione, l’artista Cecchini che tinse di rosso la fontana di Trevi: «Hanno una Ferrari ma la guidano come una Cinquecento» – L’intervista
Oggi liquido nero. 15 anni fa 500 mila palline di plastica colorate. Gli attivisti di Ultima Generazione non sono gli unici ad aver imbrattato la fontana della Barcaccia di Roma come segno di protesta. Nel 2008 qualcuno invase la Scalinata Trinità dei Monti di Piazza di Spagna e riempì di palline lo stesso monumento. Dietro l’azione c’era Graziano Cecchini, l’artista ribattezzato poi come «il Tintore di Trevi» perché in un altro blitz versò del colorante rosso nella fontana romana da cui prende il nome. Opere che qualcuno definì «vandalismo artistico» e che gli costarono una condanna a 8 mesi di reclusione. Lo stesso vandalismo di cui gli ambientalisti di Ultima Generazione vengono tacciati oggi. Le loro azioni di disobbedienza civile dividono il dibattito tra chi li promuove e chi condanna le loro modalità di protesta. Come il sindaco di Firenze Dario Nardella che ha tentato di fermarli durante l‘imbrattamento di Palazzo Vecchio, ma anche Carlo Calenda di Azione e Matteo Renzi di Italia Viva. A questi, nelle ultime ore si è aggiunto anche il sottosegretario alla Cultura e critico d’arte Vittorio Sgarbi, secondo il quale questi attivisti «andrebbero sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio». Abbiamo chiesto al Tintore di Trevi, che ai tempi protestò con forme simili contro lo «sperpero di denaro» della Festa del cinema, qual è la sua posizione a riguardo.
Alcuni politici accusano di «vandalismo» gli attivisti di Ultima Generazione. Lo stesso vandalismo di cui venne accusato lei tra il 2007 e il 2008. Cosa pensa di questa definizione?
Se la contestano i politici, l’azione è approvata a tutto tondo. Sicuramente non sono vandali, ma andrebbe fatta un po’ di chiarezza. Ti dico solo che io sono passato dall’essere definito vandalo ad avere le mie opere d’arte esposte ai musei… Quello che penso davvero sulla questione è che questi ragazzi peccano di troppa militanza e poca cultura di storia dell’arte. Ma attenzione, lo dico in senso affettuoso. Hanno una Ferrari e la guidano come una Cinquecento.
Cosa intende? E chi è la Ferrari?
La Ferrari è l’ambiente. Tendono a presentarsi come il santo Graal dell’ambiente, ma in questo furore non focalizzano bene quella che è la loro grande missione. I loro blitz sono delle pure azioni politiche per sottolineare un problema, ma gli manca l’apporto artistico. Tra fare la Barcaccia di nero e fare Trevi di rosso ci passa “un’autostrada” di differenza. Loro non hanno saputo legarci un aspetto artistico. Potevano ad esempio dire che il nero trasformava i marmi della Barcaccia in un negativo. È questo che a molti poi fa dire «non è vandalismo». Lo sguardo artistico aggiunge qualcosa e non va in alcun modo a toccare la missione d’origine.
A proposito di efficacia, Ultima Generazione fa queste azioni da diversi mesi. Repetita iuvant?
L’importante non è tirare dieci frecce, ma una che faccia centro. Se convogliassero il tutto in un’unica azione o in più ma saltuarie, sarebbe più efficace. Poi ripeto, se il messaggio è forte ed è anche abbinato al discorso artistico diventerebbe un bel progetto. A monte deve esserci uno studio, non solo gretta militanza. C’è anche una questione di lettura di quello stai facendo. Ad esempio, io non andrei mai a bloccare il raccordo anulare. Perché se lo fai significa che non hai capito la situazione sociale di chi tutte le mattine ha la croce di andare al lavoro attraversando il raccordo anulare. Quello che raccogli poi è che la gente ti risponda solo: «Devo andare al lavoro». Ecco la Ferrari di cui ti parlavo prima.
E quindi, cosa si sente di consigliare a questi ragazzi?
Intanto, vorrei fargli il classico avviso da vecchio borghese: i processi legali scatenati da queste azioni vanno alla lunga. Passano anni e poi continui a pagarne le conseguenze su più fronti. A tal punto che rischi di arrivare a chiederti: «Ma chi me l’ha fatto fare?». Quindi gli consiglio innanzitutto di informarsi bene dal punto di vista giuridico su come devono comportarsi in queste situazioni e su quali sono le conseguenze. Poi direi di aggiungere un apporto artistico alle loro proteste. È questo che fa la differenza. Ma anche un po’ di ironia che porta sempre più successo e soprattutto più rispetto.
A distanza di anni dalle sue azioni e dopo una condanna per le stesse, lei è mai arrivato a chiedersi «Ma chi me l’ha fatto fare»?
No, mai. Prima di tutto perché devo riconoscere che le mie azioni le ho fatte a un età già avanzata, a ridosso dei 50 anni. E poi perché la mia era una denuncia contro un mercato dell’arte che è ancora attuale. L’artista era ed è tuttora considerato un numero, vale per quello che vende e non per quello che fa. Van Gogh oggi farebbe la fame, proprio come la fece allora. A questo siamo oggi. Ma io non ho mai rimpianto quello che ho fatto. Anzi continuo ad essere orgoglioso delle mie opere d’arte, anche perché riesco a venderle e a portare avanti la mia famiglia con questo. Poi anche l’artista trasgressivo… dov’è? Esiste quella che a me piace definire la trasgressione a juke box, a singhiozzo. Come Cattelan. Ma è solo un artista di Stato.
Ai politici che si indignano contro i blitz degli attivisti, cosa dice?
Si indignano, ma al tempo stesso non fanno un cazzo. Cosa ti indigni? Sei tu che devi agire. E sicuramente non si agisce passando le giornate a commentare nei salotti televisivi.
La lascio con una provocazione. Lei condivide il messaggio e anche il tipo di protesta, ma mette in evidenza alcuni elementi a suo dire critici. Se gli attivisti cambiassero atteggiamento, rientrando in un’ottica più in linea con quello che ha detto finora, lei prenderebbe parte a una loro azione di protesta?
Questa è una bella provocazione. E io ti rispondo di sì. Tra poco faccio 70 anni e perché no? Possiamo organizzare qualcosa. In fondo, io ammiro la volontà e la spregiudicatezza di questi ragazzi.
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