Chi era Ada D’Adamo, la scrittrice morta di tumore che resta in gara al Premio Strega
Come d’aria. Così si chiama il romanzo della scrittrice Ada D’Adamo, morta a Roma ieri 1 aprile, che solo giovedì 30 marzo era stato selezionato tra i 12 candidati al Premio Strega, il premio letterario più importante in Italia. Ad annunciare la sua morte al pubblico è stata la sua casa editrice, la romana Elliot: «Un pezzetto del nostro cuore se ne va con lei». La Fondazione Goffredo e Maria Bellonci che gestisce lo Strega ha fatto sapere che il suo libro continuerà a restare in gara. Potrebbe quindi essere selezionato tra i finalisti o anche vincere il premio finale. Classe 1967, D’Adamo aveva 55 anni, era nata a Ortona (Abruzzo), ma viveva a Roma e ormai era malata di tumore da diverso tempo. E il suo primo (e ultimo) romanzo prende ispirazione proprio da questo. Si tratta, infatti, della storia di una madre 50enne che scopre di essersi ammalata e del suo rapporto con la figlia Daria, disabile dalla nascita e affetta da una grave malattia.
Il percorso della scrittrice e la nascita del libro
Ada D’Adamo da giovane ha studiato all’Accademia Nazionale di danza, dove ha conseguito il diploma, e si è laureata in Discipline dello Spettacolo. Era un’amante del teatro e della danza, sui quali ha scritto diversi saggi. Ma anche un’appassionata ed esperta di letteratura per l’infanzia, motivo per il quale collaborava come editor con la casa editrice Gallucci. I funerali della donna si terranno lunedì 3 aprile nella Chiesa di Sant’Eusebio all’Esquilino a Piazza Vittorio alle ore 12. La scrittrice ci ha messo quasi dieci anni a chiudere Come d’aria, che affonda le radici anche in una lettera che lei scrisse nel 2008 a Corrado Augias su Repubblica. Il tema era l’aborto. «Un “bravissimo” medico – scrisse nella missiva – non è stato in grado di leggere da un’ecografia che mia figlia sarebbe nata con una grave malformazione cerebrale. Oggi la mia bimba, poco più di 2 anni, è persona pluridisabile, invalida al 100 per 100». E aggiunse: «L’aborto è una scelta dolorosa per chi la compie, ma è una scelta e va garantita. Anche se mi ha stravolto la vita, io adoro la mia meravigliosa figlia imperfetta. Ma se avessi potuto scegliere, quel giorno, avrei scelto l’aborto terapeutico».
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