Carriere alias, lo studente transgender del Marco Polo: «Non è un capriccio. Vi spiego perché aiuta noi e i docenti» – L’intervista
«Non mi sento tutelato. Solo escluso, come persona». A parlare è Flo Las, un ragazzo transgender di 18 anni che frequenta il liceo artistico Marco Polo di Venezia, l’istituto finito nel mirino di Fratelli d’Italia per le carriere alias. Ovvero i profili alternativi che permettono agli studenti e alle studentesse di sostituire sul registro elettronico il nome anagrafico con quello elettivo. Al Marco Polo sono attive dal 2021 e ne usufruiscono in tutto sei studenti. Ieri, però, FdI ha inviato una lettera alla preside Maria Rosa Cesari per chiederne l’interruzione. «Appena l’ho saputo, mi sono chiesto: “Ma questo governo non ha niente di meglio da fare?”», commenta Flo Las a Open. «Le nostre scuole sono piene di problemi. E Fratelli d’Italia cosa fa? Si concentra e va ad attaccare quelle poche cose che non fanno nient’altro che farci stare bene», aggiunge il 18enne. A suo dire, in tutta questa vicenda c’è un grande problema di empatia. «Non si mettono nei nostri panni. Non ci ascoltano. Non parlano con noi. Questo ha un solo effetto: non riescono a comprendere il dolore che proviamo nel sentirci in un corpo sbagliato. Nel sentirci chiamare con un nome che non sentiamo nostro», spiega lo studente del Marco Polo.
La condanna (unanime) del liceo
Nell’istituto la condanna alle parole di Fratelli d’Italia è stata unanime. A partire dalla dirigente che da subito ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di fare un passo indietro sulla questione. Ci ha tenuto, anzi, la preside, a fare chiarezza su alcuni punti della vicenda. «Non c’è nessuna sostituzione di persona, come vogliono far credere i delegati di FdI e le associazioni pro vita», ha evidenziato. Ricordando che il nome elettivo appare solo nel registro elettronico, mentre tutti gli atti esterni ufficiali riportano quello anagrafico. Un accordo di riservatezza tra scuola e studenti che «non toglie diritti a nessuno, al massimo ne aggiunge».
Cosa cambia con la carriera alias e perché è importante per prof e alunni
Le carriere alias hanno semplificato alcuni passaggi della quotidianità. «Da quando mi hanno attivato la carriera alternativa i miei professori hanno avuto più facilità a ricordare il nome con cui voglio essere chiamato e a utilizzare i pronomi giusti», spiega Flo Las. «Prima – prosegue – capitava che i docenti magari si dimenticavano della mia identità di genere e, arrivati in classe, leggevano il nome anagrafico. Mi provocava un forte disagio, che definirei inspiegabile». Ma non solo il nome pronunciato all’appello. «A volte succedeva anche di vedere il mio nome anagrafico spalmato sulla lim, davanti a tutti. Non era piacevole. Tutte queste cose provocano disforia (il dolore e la sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal sesso assegnato alla nascita, ndr)».
«Serve educazione, non repressione»
Dopo la lettera di Fratelli d’Italia e le conseguenti polemiche, anche all’interno della scuola docenti e studenti si sono confrontati. «I miei professori si sono opposti da subito. Così come i compagni di classe e di scuola», racconta il ragazzo. «Sarebbe un enorme passo indietro che – aggiunge – mi farebbe sentire messo da parte». Sono molte le discriminazioni che i ragazzi e le ragazze transgender subiscono ogni giorno. E secondo Flo Las – che da quando esce di casa al mattino deve fare i conti con tutto questo – il vero dibattito dovrebbe concentrarsi «sull’esigenza di un’educazione scolastica sul tema della transizione di genere. Formare gli studenti sui percorsi di transizione, su come ci si dovrebbe relazionare con questa realtà». Perché – conclude con fermezza lo studente – «non è un nostro capriccio, ma riguarda tutti noi».