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Matteo Renzi entra nel mondo del giornalismo. È il nuovo direttore del Riformista: «Meloni è stata la prima a saperlo»

05 Aprile 2023 - 11:42 Felice Florio
Dopo tre anni di direzione, Sansonetti cede il posto al senatore toscano, leader di Italia Viva

L’amministrazione de Il Riformista e l’inner circle di Matteo Renzi, fino alle 11 del 5 aprile, hanno mantenuto il massimo riserbo su un’operazione che stupisce il mondo dell’editoria e della politica italiana. Il leader di Italia Viva diventa il nuovo direttore del giornale ideato da Claudio Velardi, ex consigliere politico di Massimo D’Alema, e fondato da Antonio Polito. Renzi, oggi senatore, sostituisce Piero Sansonetti, che lascia la direzione del quotidiano dopo tre anni. L’editore della testata, l’avvocato Alfredo Romeo, spiega così la scelta di affidare all’ex presidente del Consiglio la guida del giornale: «Il Riformista è nato come quotidiano di raccordo tra le posizioni della sinistra e quelle del centro. In una cornice radicale, liberale e garantista. Poi si è attestato su posizioni più nettamente di sinistra, ma ha sempre mantenuto alta la bandiera del garantismo». La mossa di Romeo – che tra l’altro è ancora a giudizio assieme al padre di Renzi, Tiziano per la cosiddetta inchiesta Consip – va letta con la volontà di dare «a tutte le correnti ideali della sinistra e del centrosinistra la possibilità di esprimersi». Infatti, la scelta di porre Renzi al vertice de Il Riformista, si incastra con il futuro di un altro giornale, l’Unità: «Nelle prossime settimane, Sansonetti assumerà la direzione de l’Unità, della quale è stato giornalista e condirettore per diversi decenni, e finalmente la sinistra storica e tradizionale tornerà ad avere un suo giornale. Spero sia un contributo perché la sinistra torni a pensare e a correre. Il Riformista, invece, tornerà alla sua vocazione originale liberal-democratica, garantista e pluralista, rappresentando tutte le idee costruttive che vanno dalla sinistra più moderata di ispirazione socialista e democratica, alle tradizioni popolari e quelle liberali, con uno sguardo fortemente rivolto al futuro del mondo. Per questo ho chiesto a una personalità italiana di grande spessore, come Renzi, di assumerne la direzione. E lui, generosamente, ha accettato», conclude l’editore.

La conferenza stampa

Presso la sede della stampa estera, a mezzogiorno, inizia la conferenza stampa che annuncia il cambio alla guida della testata. Esordisce Sansonetti, ironizzando con il suo successore: «Mi ha fatto fuori». Renzi controbatte: «Stai sereno». Poi, Sansonetti prosegue con le sue dichiarazioni: «Ci siamo posti il problema, nel momento in cui diventavo direttore dell’Unità, cosa fare del Riformista. A Romeo è venuta l’idea geniale di proporre a Renzi la direzione. Lui, con altrettanta genialità, ha risposto “sì”». Il direttore uscente spiega che, adesso, la sinistra tornerà ad avere una voce sui giornali italiani che, a suo dire, in questo momento propendono per la maggior parte a destra. «Senza i giornali è complicato fare politica. Credo che faremo due giornali molto diversi. Resterò un estremista di sinistra, ma continuerò a essere anche un liberal-democratico. Continuerò a dire – fa un esempio -, che nel ’92 c’è stato un colpo di Stato e l’ha confessato anche il giudice Colombo. Furono commessi dei reati dal pool di Milano», e prosegue nella digressione sui fatti di Mani pulite. «Su questo l’Unità resterà un giornale totalmente garantista. Ma la cosa interessante di oggi è capire cosa farà Renzi al Riformista. Adesso diventa il giornale di Renzi e io gli faccio moltissimi auguri». Passa la parola al senatore.

Renzi: «Bisogna ringraziare Sansonetti per il suo lavoro di questi anni. Ognuno di noi è curioso di tornare a vedere l’Unità in edicola. La scelta di riportarla in edicola è la vera notizia. Complimenti per la grande scommessa. Capisco che qualcuno sorrida o sia preoccupato per il mio nome nella direzione del Riformista. Ma io ho una passione vera per il rapporto tra verità e viralità. Ricordo che con alcuni colleghi, nella notte del 4 dicembre 2016 in cui scelsi di dimettermi, affermai un concetto: stiamo entrando nel tempo della post-verità». Il leader di Italia Viva rievoca quanto è successo con la presidenza Donald Trump negli Stati Uniti, fino ad arrivare alle fake news prodotte dall’intelligenza artificiale. «La forza di un giornale sta nel fornire la propria narrazione della verità, che nel caso del Riformista sta nel nome stesso della testata. Per noi è essere altro rispetto al sovranismo di Giorgia Meloni, ed è altro rispetto alla sinistra radicale che si rivede in Elly Schlein e Giuseppe Conte». Nel mezzo, per Renzi, c’è una maggioranza silenziosa, «non so se sia davvero maggioranza, ma sicuramente è silenziosa», e parla del quotidiano che dirigerà: «Sarà la casa della comunità dei riformisti. Vorrei fosse chiaro: non lascio la politica, ma raddoppio – cita Mike Bongiorno -. Continuerò a fare il mio lavoro di parlamentare di opposizione, ma tenterò anche di fare un’operazione che serve al Paese».

«In Italia c’è un mondo che vuole dire “sì” al nucleare, all’innovazione, al Mes. In questo senso, credo di poter dire che non ci sarà una posizione politica legata strettamente alle vicende del Terzo polo, ma il Riformista ambisce a essere letto da un pezzo di mondo dell’attuale maggioranza, penso ai moderati, a Forza Italia, all’Udc, ma anche a un’area del Partito democratico che non si riconosce a pieno nelle posizioni di Schlein». Renzi ribadisce che il Riformista e l’Unità saranno unite da un fil rouge, «il profondo garantismo». Riprende la vicenda di Eva Kaili, in carcerazione preventiva a Bruxelles da cinque mesi «affinché confessi», senza poter incontrare sua figlia. «Per me è un grandissimo onore prendere le redini del giornale diretto da Sansonetti» e dagli altri direttori precedenti. Gli elenca tutti. Il 3 maggio sarà il giorno in cui il giornale uscirà sotto l’egida di Renzi. Avrà anche un nuovo direttore responsabile, perché il senatore non è iscritto all’albo dei giornalisti, il cui nome sarà annunciato nei prossimi giorni. «Sui rapporti con l’editore in ragione di alcune vicende del passato, voglio dire che Romeo è un galantuomo. Le vicende giudiziarie dimostrano che questo convincimento è in me ancora più rafforzato. Il caso Consip parte da alcuni pezzi deviati delle istituzioni. Sono orgoglioso di lavorare con Romeo, ancora di più dopo aver visto quello che ha subito in questi anni. E Sarà bellissimo vedere i giornalisti del Riformista litigare in televisione con i giornalisti dell’Unità».

Un parlamentare può fare il direttore di un giornale? «Mi piace ricordare Walter Veltroni, anche se lui era condirettore, ma sono tanti ad averlo fatto. Uno dei parlamentari più importanti si chiama Sergio Mattarella, che è stato direttore del Popolo». Sul segreto mantenuto riguardo a questo nuovo incarico, «ho informato la presidente del Consiglio, conoscendo la sua sensibilità ai temi dell’informazione. È stata la prima a sapere di questa notizia. Sono felice, perché c’è un disperato bisogno di verità, di cultura, di educazione, di libertà nel senso più ampio del termine». A mo’ di esempio, riprende una notizia della scorsa settimana, criticando la decisione del Garante per la protezione dei dati personali: «Davvero blocchiamo l’intelligenza artificiale per una decisione del Garante?». Quella del Riformista sarà un’informazione schierata? «Certo, lo saremo sulla linea dell’identità dei riformisti. Il fatto che ci sia una chiara direzione anche impersonata da me, non significa che non sarà un luogo dove è bello discutere. Se possibile, non con i toni da ultrà». Enuclea quegli argomenti che, a suo dire, hanno distratto l’opinione pubblica e l’opposizione politica da argomenti più importanti: «Rave, boss, cinghiali, immigrazione, carne sintetica, Chatgpt. Tutte questioni che il più efficace oppositore del governo, Flavio Briatore, ha chiesto di stralciare dal dibattito per “discutere di cose concrete”».

Le domande dei giornalisti

Iniziano le domande della sala stampa. Gli viene chiesto se ritirerà le querele ai giornalisti, gli domandano quale sarà il suo stipendio, se l’impegno per la costruzione del Terzo polo subirà delle flessioni, se ci sarà continuità con il Riformista attuale, se Carlo Calenda è stato informato in anticipo e come saranno trattate le vicende giudiziarie personali sulle pagine del quotidiano. «Non ritiro le querele, le rischio, passando dall’altra parte del tavolo. Ci sono più lettori riformisti che elettori? No, sono convinto che lo spazio politico del Terzo polo sia ampio, penso che il pubblico del Riformista debba andare oltre il Terzo polo. Stipendio? Al momento non ho ancora firmato un contratto. Che tipo di giornale sarà? Lo decideremo. Sansonetti continuerà a firmare fino al 30 aprile. Da democristiano, dico che proveremo a innovare nella continuità. Calenda era stato informato, certo, e mi è parso entusiasta. Il risultato delle Regionali? Non è entusiasmante, ma non lo è per nessuna delle opposizioni. Si è trattato del primo profilo programmatico di Schlein che veniva attuato. Aveva detto “non ci hanno visto arrivare”, ed effettivamente in Friuli hanno visto arrivare solo Massimiliano Fedriga». Ultimo punto, come tratta Renzi le vicende giudiziarie che lo riguardano? «Saremo più moderati della linea pasdaran di Sansonetti. Nel mio caso specifico segnalo che ho ricevuto un ulteriore archiviazione. Mi è rimasto solo un procedimento, quello dell’inchiesta Open, che non arriverà mai a sentenza di condanna. Ne ho parlato tanto fino ad oggi utilizzando tutti gli strumenti a mia disposizione. Parleremo molto di giudiziaria, ma non so se saremo all’altezza di Sansonetti».

Renzi, sul nuovo Terzo polo che si sta federando, afferma: «Sono presidente di Italia Viva, sarò iscritto al Terzo polo, ma al momento vedo solo Calenda come candidato. Io non sono della partita per la leadership. Partita che, per me, si è chiusa quando ad agosto 2022 abbiamo chiesto a Carlo di fare un passo avanti. Sarò un leale collaboratore del progetto del Terzo polo, un progetto in cui credo davvero. Nel mio piccolo darò una mano, anche da direttore del Riformista. Ma spero e auspico che questo giornale non sarà solo un riferimento per il Terzo polo». La sala stampa torna a chiedere se raddoppierà il suo stipendio con questo nuovo lavoro. «Considerando che il mio stipendio è in parte composto da quello di parlamentare e poi da altre attività, sicuramente non raddoppio. I politici sono trasparenti, ogni anno hanno l’obbligo di pubblicare le loro dichiarazioni dei redditi. C’è un regime della trasparenza patrimoniale che ritengo sacrosanto. Non avrò problemi a pubblicare tutto appena sarà il momento. Io pago più tasse, ed è giusto così, dello stipendio da parlamentare che prendo».

Gli viene chiesto se il Riformista imbraccerà la questione della libertà di stampa nei Paesi più autoritari, citando il caso di Jamal Ahmad Khashoggi. «Non devo ricordare a voi che, ad esempio, quando sono stato in Russia nel 2015 con la delegazione del governo italiano, siamo andati a lasciare i fiori in un luogo simbolo. La critica vale per tutti quei Paesi dove manca la libertà di informazione che, purtroppo, sono la maggioranza nel mondo. Se invece si parla di politiche di questi Paesi, faccio una scommessa con voi: l’Arabia Saudita sta assumendo la leadership in un percorso di innovazione e nel 2030 mi darete ragione. Certo è che lì con c’è un regime democratico e di libertà di informazione, così come non c’è in Cina, in alcuni Paesi dell’Est Europa, in parti di Africa e di America. È un dato di fatto, ma non possiamo negare il percorso di rinnovamento avviato da Riad». Ultimo punto, viene domandato se c’è stata una strategia riguardo a quest’operazione che parte dalla dichiarazione di qualche giorno fa, in cui aveva annunciato una pausa dall’agone della comunicazione politica: «Si è trattato di un retroscena che parte da una mia frase su un pit-stop comunicativo. Mi è successo che a dicembre ho fatto una trasmissione in cui, per 52 minuti, si è parlato del Pos. Tema che non esisteva, o meglio il mondo viaggia ad altre velocità e noi eravamo lì a discutere di inezie. Per questo ho optato per un pit-stop comunicativo».

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