Alta tensione in Medio Oriente, Israele contrattacca dopo i 34 razzi dal Libano. Militari italiani della missione Unifil nei bunker
Dal sud del Libano 34 razzi sono stati lanciati verso Israele. Di questi, 25 sono stati intercettati dal sistema di difesa anti-missili e 5 sono caduti in territorio israeliano. A riferirlo è il portavoce delle Forze di difesa israeliane aggiungendo inoltre che dei rimanenti 4 si deve ancora individuare la loro localizzazione. Un’operazione massiccia che, secondo alcune fonti dell’IDF citate dai media locali al termine di una riunione di sicurezza al ministero della Difesa, sarebbe stata condotta da «fazioni palestinesi legate ad Hamas». Tuttavia, diversi analisti sostengono che un attacco di tale ampiezza non avrebbe potuto essere realizzato senza un assenso di Hezbollah libanesi filo-iraniani, che controllano di fatto il sud del Libano.
La risposta di Israele
Al lancio dei razzi per mano di Beirut, l’esercito israeliano ha invece risposto con colpi di artiglieria prendendo di mira zone agricole tra le località di Qleile e Maaliye, lungo la Linea Blu di demarcazione con Israele. Mentre il premier Benjamin Netanyahu ha convocato per stasera il Gabinetto di sicurezza di Israele sulla situazione in corso. Quella di oggi, giovedì 6 aprile, è stata la più grande raffica di razzi lanciati dal Libano contro Israele dalla Seconda guerra del Libano, nel 2006.
La missione Onu (Unifil): «Evitare l’escalation»
Nel frattempo, i residenti delle comunità residenti al confine tra i due Stati – scrive Hareetz – hanno ricevuto istruzioni di rimanere nei rifugi. La stessa missione Onu (Unifil) nel sud del Libano, di cui fanno parte un migliaia di militari italiani, ha definito «molto serio» l’inasprimento della violenza tra Israele e Libano verificatosi nelle ultime ore sullo sfondo delle tensioni a Gerusalemme e Gaza. «La situazione è estremamente serie e Unifil invita alla calma e a evitare l’escalation», si legge in un comunicato della missione, citato dai media di Beirut. I militari italiani si sono messi al riparo nei bunker delle proprie basi su ordine del comando della missione, che ha imposto anche a quelli in pattugliamento di riparare nella prima base utile.
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