Sale a 15 il fronte dei Paesi Ue contro la legge anti Lgbtq+ di Orban. L’Italia si astiene
Salgono a 15 gli Stati che, insieme al Parlamento europeo, si uniranno nel ricorso presentato dalla Commissione contro una legge ungherese ritenuta discriminatoria nei confronti delle persone Lgbtq+. L’annuncio arriva dalla ong Forbidden Colors, tra i promotori di una petizione proprio contro l’iniziativa del governo di Viktor Orbán. Si tratta della più grande procedura sulla violazione dei diritti umani mai portati alla Corte di giustizia dell’Unione Europea. Gli Stati che hanno aderito alla causa sono: Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Danimarca, Irlanda, Malta, Austria, Finlandia, Svezia, Slovenia, Grecia. Tra gli assenti, invece, c’è l’Italia, già finita nel mirino del Parlamento europeo per aver chiesto al comune di Milano la sospensione della la registrazione delle adozioni da parte di coppie omogenitoriali.
La causa legale
Il provvedimento ungherese contestato dalle istituzioni europee vieta di mostrare ai minori qualsiasi contenuto che ritragga o promuova l’omosessualità o il cambio di sesso. Una legge definita «vergognosa» dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, oltre che ritenuta fortemente lesiva dei diritti della comunità Lgbtq+. I Paesi europei avevano tempo fino a ieri, giovedì 6 aprile, per unirsi alla lista dei ricorrenti della causa intentata da Bruxelles. Di recente, il governo ungherese ha presentato un controricorso alla Corte di giustizia dell’Ue sulla procedura d’infrazione aperta contro Budapest e culminata con il deferimento dell’Ungheria alla Corte. «Quindici Stati membri e il Parlamento europeo, l’istituzione dei cittadini europei, si stanno chiaramente posizionando dalla parte della libertà», ha commentato l’eurodeputato francese Pierre Karleskind, vicepresidente dell’intergruppo Lgbtq+ a Strasburgo.
Credits foto: EPA/OLIVIER MATTHYS | Il presidente ungherese Viktor Orbán
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