Def, via libera del governo: 3 miliardi di euro per il taglio del cuneo fiscale, slitta Quota 41. La pressione fiscale è al 43,3%
Per la Quota 41 ci sarà ancora da attendere. E anche per l’a riduzione delle aliquote Irpef, una riforma che probabilmente dovrà autofinanziarsi. Mentre 3 miliardi di euro dovrebbero essere impiegati per ridurre il cuneo fiscale. Sono queste alcune delle cifre contenute nel Documento di economia e finanza 2023 (Def), il primo del governo Meloni, approvato nel Consiglio dei ministri di martedì 11 aprile. Nel documento, tra le altre cose, vengono anche riviste le stime sul Pil che nel 2023 dovrebbe crescere dello 0,9 per cento, all’1 per cento nel quadro programmatico – ossia con gli interventi decisi dal governo – e in rialzo dello 0,3% rispetto al Documento programmatico di bilancio dello scorso novembre. Il Pil tendenziale per il 2024 è all’1,4% (1,5% programmatico), dell’1,3% nel 2025 e dell’1,1% nel 2026 (stesse percentuali nel programmatico). Nella nota diffusa, il ministero di Economia e finanza spiega che il deficit quest’anno dovrebbe attestarsi al 4,35%. Rimanendo invariato l’obiettivo di tenerlo al 4,5%, questo permetterà di avere a disposizione circa 3 miliardi di euro da impiegare per il «taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi». Quota 41 – ossia la possibilità per i lavoratori di andare in pensione dopo 41 anni di contributi – per il momento non verrà introdotta, si va verso una proroga dell’attuale quota 103.
Debito pubblico e pressione fiscale
Nell’anno appena concluso, il rapporto tra debito publico e Pil si è attestato al 144,4%, in calo di 1,3 punti percentuali rispetto alla previsione del Dpb di novembre. Nel 2023 è previsto che scenda al 142,1%, nel 2024 al 141,4, fino a raggiungere il 140,4% nel 2026. Nella nota del ministero di Economia e finanza, si sottolinea però che «non possono essere ignorati gli effetti di riduzione del rapporto debito/Pil che si sarebbero potuti registrare se il superbonus non avesse avuto gli impatti sui saldi finora registrati». La pressione fiscale nell’anno in corso sarà al 43,3 per cento ed entro il 2026 calerà fino al 42,7 per cento.
Il Pnrr
Il Mef, nella nota diffusa dopo il Consiglio dei ministri, evidenzia che il Pnrr non basta, da solo, a «rendere il nostro Paese più dinamico, innovativo e inclusivo». Il nostro Paese deve lavorare su un orizzonte più lungo di quello previsto dal Piano, con investimenti mirati a «migliorare la capacità produttiva nazionale» e, si legge, che consentano di creare condizioni adeguate a evitare nuove fiammate inflazionistiche. Un tema che secondo il Mef dovrebbe essere affrontato anche dall’Unione europea.
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