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Migranti, i sindaci delle grandi città contro il governo: «Scelte sbagliate che ledono i diritti: non si cancelli la protezione speciale»

16 Aprile 2023 - 20:00 Redazione
Gualtieri, Sala, Manfredi, Lo Russo, Lepore e Nardella fanno fronte comune con una lettera contro gli emendamenti al decreto Cutro

I sindaci delle maggiori città italiane (di centrosinistra) di nuovo contro il governo Meloni. Oggetto della discussione, ma anche (e soprattutto) di preoccupazione: la gestione dell’immigrazione, in particolare, il sistema di accoglienza e la cancellazione della protezione speciale per i migranti. «Come sindaci, come amministratori, come cittadini che quotidianamente si impegnano nei territori per cercare di garantire le migliori risposte alle criticità che le nostre Comunità esplicitano, siamo molto preoccupati per le proposte in discussione relative alle modifiche all’unico sistema di accoglienza migranti effettivamente pubblico, strutturato, non emergenziale che abbiamo in Italia», si legge in un documento congiunto sul decreto Cutro che porta le firme dei sindaci di Roma, Roberto Gualtieri, di Milano Beppe Sala, di Napoli Gaetano Manfredi, di Torino Stefano Lorusso, di Bologna, Matteo Lepore e di Firenze, Dario Nardella. «La preoccupazione delle città – si legge nel documento – è massima a fronte di emendamenti proposti da alcuni partiti al DL 591 dopo le tante evidenze a cui il nostro ordinamento ha dovuto porre rimedio in questi anni». Secondo il fronte dei sindaci dem, l’esecutivo non deve «ragionare in ottima emergenziale: è sbagliato immaginare l’esclusione dei richiedenti asilo dal Sai, precludendo loro qualunque percorso di integrazione e una reale possibilità di inclusione ed emancipazione nelle nostre comunità».

«No alla cancellazione della protezione speciale»

Sala, Gualtieri, Manfredi, Lo Russo, Lepore e Nardella non condividono la cancellazione della protezione speciale, confermata anche ieri, sabato 15 aprile, dalla stessa premier Meloni durante il suo viaggio in Etiopia. Per i sindaci delle maggiori città si tratta, infatti, di «una misura presente in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale, mentre circa il 50% dei migranti presenta vulnerabilità ed è in parte significativa costituito da nuclei familiari. Queste scelte, qualora adottate, non potrebbero che procurare infatti una costante lesione dei diritti individuali e innumerevoli difficoltà che le nostre comunità hanno già dovuto affrontare negli anni scorsi, a fronte di un importante aumento di cittadini stranieri condannati appunto all’invisibilità», si legge nel documento congiunto. Tutto questo – scrivono i primi cittadini – «mentre il sistema dei Cas, mai uscito da un assetto emergenziale, è saturo e purtroppo inadeguato ad accogliere già oggi chi proviene dai flussi della rotta mediterranea come da quella balcanica. Insufficiente, sia per numeri sia per le modalità d’accoglienza sia per i servizi di accompagnamento, protezione ed inclusione, assenti. E in questo quadro occorre ripensare anche il sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati cui occorre applicare logiche distributive che evitino la concentrazione nelle sole grandi città», prosegue il documento dei sindaci.

«Le nostre città sono infatti impegnate già oggi, spesso con sforzi oltre i propri limiti e frequentemente oltre le proprie funzioni e competenze, a porre rimedio con risorse proprie alle manchevolezze di un sistema nazionale adeguato. La soppressione della possibilità di costruire un unico sistema di accoglienza pubblico, trasparente e professionale (come il Sai), garantendo percorsi dignitosi e tutelanti anche per le persone richiedenti protezione internazionale, non può comportare la nascita di nuovi grandi centri di accoglienza o detenzione nei nostri territori. La storia degli ultimi vent’anni di accoglienza in Italia dimostra chiaramente come modelli emergenziali, con standard qualitativi minimi e volti al mero “vitto e alloggio” abbiano procurato ferite enormi nelle nostre comunità e non abbiano garantito diritti esigibili alla popolazione rifugiata. E soprattutto abbiano fallito processi di inclusione efficaci e duraturi», prosegue il documento.

Le proposte

Dopo questa lunga premessa, i sindaci dem hanno poi avanzato delle proposte sul tema. «1. Sia rinforzata l’unitarietà del Sistema di Accoglienza italiano, valorizzando l’esperienza virtuosa del Sai, ovvero supportando attivamente la rete dei Comuni che quotidianamente affrontano in prima persona le sfide che i movimenti migratori in ingresso sottopongono ai nostri servizi, ai nostri territori e alle nostre comunità. Con un solo obiettivo: garantire percorsi di effettiva inclusione e tutela compatibili con i territori, evitando grandi centri di accoglienza, senza servizi e senza tutele, per tutti», scrivono. «2. Il Sai rimanga accessibile a richiedenti protezione e rifugiati». I primi cittadini chiedono poi che i Cas, ovvero i centri di accoglienza straordinari, vengano trasformati «in hub di prima accoglienza, dedicati alle procedure di identificazione e di screening sanitario per poi procedere a trasferimenti rapidi nel sistema di seconda accoglienza ed inclusione, appunto il Sai».

Al punto 4, i sei amministratori chiedono inoltre che «vengano ripristinati i criteri di riparto che il Piano nazionale di accoglienza aveva indicato. In assenza di azioni positive mirate o, peggio, con azioni sbagliate, le ricadute saranno infatti l’irregolarità diffusa o lunghi percorsi di ricorsi giudiziari che paralizzeranno le vite di molte persone inabilitandole e rendendole facili prede del lavoro nero, che invece non manca». Infine, «ci auspichiamo – continuano – che ancora una volta l’Italia non si contraddistingua per una regressione relativa al sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati: da troppi anni questo tema necessita di una riforma importante e strutturale, che miri ad un equilibrio nazionale del sistema di accoglienza imprescindibile dal coinvolgimento dei Comuni e dagli obiettivi di inclusione, protezione e con una diffusione omogenea a livello nazionale. Siamo convinti, insieme ad altre voci autorevoli, che dopo circa vent’anni e anche alla luce di alcuni temi di strutturale cambiamento demografico e sociale non si debba continuare a parlare di emergenza e che proprio in questo momento occorra la lungimiranza di aprire una discussione per scegliere una via legale all’immigrazione e alla regolarizzazione degli immigrati già presenti in Italia, anche attraverso il ricorso allo ius scholae, premessa a comunità solidali, capaci di proporre percorsi di vera emancipazione e autonomia alle persone nel pieno interesse del nostro Paese», concludono i sindaci.

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