Emanuela Orlandi, dopo le parole del Papa il fratello Pietro svela la fonte dei sospetti su Wojtyla: «Ho girato l’audio al magistrato»
Torna a parlare, dopo giorni di polemiche e silenzi, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela. Contro le sue affermazioni criptiche su Karol Wojtyla rilasciate nell’ultima puntata di DiMartedì, su La7, si era espresso oggi lo stesso Papa Francesco. Nel corso del Regina Coeli di stamattina, Bergoglio aveva affermato che «Wojtyla è oggetto di illazioni offensive e infondate». Una difesa che Orlandi, a poche ore di distanza, ha definito a sorpresa «giusta». Al talk show di Giovanni Floris, il fratello della cittadina vaticana scomparsa nel 1983 aveva detto che Giovanni Paolo II «ogni tanto usciva di sera e andava in giro con due suoi amici polacchi. Secondo qualcuno non andava certo a benedire delle case». Oggi torna su quelle parole, rendendo nota finalmente la fonte dei sospetti da lui riportati. «Ho deciso di depositare l’audio reso pubblico il 9 dicembre al promotore di giustizia Alessandro Diddi, lo scorso 11 aprile, affinché convocasse, Marcello Neroni, autore di queste accuse», ha detto Orlandi.
Neroni è l’ex testaccino della Banda della Magliana, uomo di De Pedis, che ha raccontato al blog Notte Criminale di conoscere le circostanze scabrose del rapimento di Emanuela Orlandi. Il suo racconto insiste sul presunto ruolo del Vaticano e di Giovanni Paolo II nel caso. «Certamente non può spettare a me dire se questo personaggio abbia detto il vero oppure no – prosegue il fratello di Emanuela Orlandi sul suo profilo Facebook -. Diddi ha accolto questa mia richiesta , insieme alle altre, promettendo che avrebbe scavato a fondo ogni questione, compresa questa». «Io, tantomeno l’avvocato Sgrò – aggiunge Pietro Orlandi -, abbiamo mai accusato Wojtyla di alcunché come qualcuno vorrebbe far credere. L’unico nostro intento è quello di dare giustizia a mia sorella Emanuela e arrivare alla verità qualunque essa sia». Soltanto ieri si era appreso da fonti vaticane che Laura Sgrò, l’avvocata di Orlandi, aveva fatto appello al segreto professionale per rifiutarsi di riferire da chi il suo assistito avesse raccolto le voci sulle presunte “strane abitudini” di Papa Wojtyla.
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