Operaio sciolto nell’acido per errore, i killer provano a risarcire: la famiglia dice no
Giulio Giaccio è stato sequestrato da finti poliziotti, ucciso da killer del clan Polverino e sciolto nell’acido a Napoli nel 2000. Aveva 26 anni. Giaccio è stato ammazzato per un errore di persona. Gli assassini volevano vendicare un torto subito da un boss detenuto. E mentre si attende la prima udienza del processo, in programma per oggi a Napoli, i due imputati hanno scritto ai giudici e alla famiglia per un’offerta risarcitoria. Tre assegni e due beni immobili da considerare «a titolo di integrale risarcimento del danno materiale patito». Il totale dei liquidi ammonta a 30 mila euro, il valore degli immobili a 120 mila. Ma, fa sapere il Mattino, la famiglia di Giaccio ha detto di no.
La storia di Giulio Giaccio
Scrive il loro legale in una PEC: «In qualità di Rosa Palmieri, Rachele e Domenico Giaccio, preso atto che gli assistiti hanno inteso comunicarmi la loro decisione di non accettare tale offerta, dal momento che essi confidano esclusivamente nelle determinazioni dell’autorità giudiziaria, all’esito del processo penale de quo. Per questo motivo, l’offerta “reale” formulata non può trovare accoglimento». Giaccio è stato sequestrato il 30 luglio del 2000 in zona contrada Romani a Pianura. Come ha spiegato il pentito Roberto Perrone, «dovevamo risolvere un affare di famiglia, per la volontà di Cammarota di uccidere un tale (si chiamava “Salvatore”), per le avance alla sorella». Una volta “arrestato” da finti poliziotti, Giulio provò a far capire che si trattava di un errore: «Non mi chiamo Salvatore, sono un operaio, i miei genitori lavorano, siamo persone oneste». Secondo il racconto di Perrone, a uccidere Giulio fu un soggetto oggi a piede libero: «In auto gli disse di abbassare la testa sulle gambe, per poi sparargli alla nuca». Poi il corpo del ragazzo fu sciolto nell’acido e qualcuno polverizzò i suoi denti a martellate per far sparire ogni traccia.
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