Migranti, il Senato accelera sullo stop alla protezione speciale. Ma i rimpatri degli irregolari sono fermi da anni (all’1,7% del totale)
L’obiettivo della maggioranza è approvare il dl Cutro sull’immigrazione al Senato entro questa settimana per poi incassare rapidamente il sì anche della Camera. E oggi 17 aprile, alla riapertura dei lavori della commissione Affari costituzionali, il calendario sembrava destinato ad essere rispettato, con l’approdo in aula per domani o al massimo dopodomani, nonostante gli interventi serrati dell’opposizione. Uno dei temi più controversi della nuova norma, affidato ad un subemendamento a firma Gasparri, Lisei, Pirovano è l’abolizione della cosiddetta “protezione speciale”, un permesso di soggiorno che attualmente affianca l’asilo politico e la protezione umanitaria con una tutela temporanea per motivi di salute, studio, vicinanza ai familiari bisognosi di assistenza, rischio nel proprio paese se si è vittime di tratta o violenze familiari, e che esiste anche in altri paesi europei, sebbene non sia previsto dalle normative comunitarie. La promessa della maggioranza è che con l’abolizione di questo tipo di permesso, concesso l’anno scorso a circa 10.800 persone, saranno più facilmente rimpatriati nei paesi di origine un maggior numero di irregolari. Tutti gli interventi normativi e di governo recenti, per la verità, sono impostati sulla stessa direttrice.
Gli accordi coi paesi terzi
Anche la dichiarazione di stato di emergenza, cui è seguita l’istituzione di un commissario straordinario (che è poi il capo del Dipartimento immigrazione, Valerio Valenti) punta sull’impegno di costruire nuovi Centri di permanenza e rimpatrio e quindi a lavorare sulle espulsioni. La messa in pratica sembra essere più complicata. «Posto che tra il 2015 e il 2016 abbiamo gestito in accoglienza numeri molto maggiori degli arrivi attuali senza ricorrere allo stato di emergenza – spiega Mario Morcone, capo del dipartimento di allora e oggi assessore all’Immigrazione della Regione Campania – per i rimpatri pesano prima di tutto i costi, circa 3.500/4.000 a migrante visto che vanno accompagnati almeno da due agenti ciascuno e l’esistenza di accordi di rimpatrio. Non esistono accordi di questo genere con nessun paese dell’America Latina o con Bangladesh, Pakistan e la maggior parte dei paesi subsahariani, ad eccezione della Nigeria e pochi altri».
I nuovi irregolari
Con l’abolizione della protezione speciale, secondo i calcoli di Arci, i migranti che avrebbero ottenuto quel tipo di permesso di soggiorno e non l’avranno più o che lo vedranno scadere saranno tra un minimo di 20 e un massimo di 40mila, considerando che nel 2022 hanno avuto questo genere di documento meno di 11mila persone e che le domande presentate sono state 77mila. Questi 20mila, si andranno a sommare ai 506mila irregolari stimati da Ismu Ets per il 2021 con il suo report più aggiornato, ma non ci sono segnali che aumenti altrettanto il numero dei rimpatriati dall’Italia ai paesi di origine. Al momento infatti, per quanto risulta ad Open, il governo non starebbe stringendo nuovi accordi per i rimpatri, o almeno non ci sono intese considerate prossime all’operatività.
I numeri dei rimpatri
Il numero di persone che lasciano l’Italia per tornare nel paese di origine contro la propria volontà è rimasto più o meno costante negli anni, a prescindere dal colore del governo, e non ha mai superato la cifra di 5mila unità. Il dato più aggiornato è stato stimato dal Garante per i diritti delle persone private della libertà personale, alla data del 15 ottobre 2022: fino a quel giorno erano state respinte verso il paese di provenienza 2853 persone. Di queste 2356 sono state accompagnate da una scorta internazionale della Polizia di Stato, 1973 con voli charter dedicati e 831 senza scorta, rimpatriati con volo di linea. Nel 2021, 2589 sono partiti scortati e 831 con volo di linea, nel 2020 2392 scortati e 959 senza scorta. Sempre secondo i dati del Garante, nel 2022 (fino al 15 ottobre) sono partiti 62 voli charter dedicati verso la Tunisia, 9 verso l’Egitto, 6 verso la Georgia, 2 verso il Gambia, 3 verso la Nigeria e uno verso l’Albania. Tranne quelli verso Nigeria e Albania, gli altri erano voli congiunti organizzati con altri paesi europei. Ad accettare i rimpatri con volo di linea, quindi senza essere scortati, sono stati soprattutto cittadini albanesi (quasi tutti) e marocchini. Gli altri erano su voli speciali scortati dalla polizia, i più difficili da gestire oltre che più costosi. Numeri che sarà difficile far variare in modo significativo, per ragioni internazionali oltre che economiche.
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