L’ok dell’Europa ai tre pilastri del Fit for 55: riforma del sistema di scambio quote di emissioni, “carbon tax” e fondo sociale per il clima
Il Parlamento europeo ha dato il via nella mattinata di ieri – martedì, 18 aprile – ai tre pilastri (chiave) del pacchetto “Fit for 55”, la strategia per ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, secondo quanto previsto dalla Legge europea sul clima. I testi adottati dall’Eurocamera, tutti ad ampia maggioranza, riguardano la riforma del sistema di scambio di quote di emissione (Ets); il nuovo Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam), la cosiddetta carbon tax; e, infine, un Fondo sociale – da 86,7 miliardi di euro – per il clima per combattere la povertà energetica. Il «voto storico», come lo ha definito la presidente del Pe, Roberta Metsola, è frutto di accordi raggiunti con i Paesi dell’Ue alla fine del 2022. Ora i testi legislativi dovranno essere approvati dal Consiglio prima di essere pubblicati ed entrare (ufficialmente) in vigore.
Riforma del sistema di scambio di quote di quote di emissione
La riforma del sistema di scambio di quote di emissione (Ets), sintetizzabile nella formula «chi inquina paga», prevede riduzioni di emissioni nei settori coperti dal meccanismo pari al 62 per cento rispetto ai livelli del 2005. In sintesi: chi le produce, deve pagare. Il sistema Emission trading system, spiega il Pe, sarà inoltre esteso ai settori del trasporto su strada e agli edifici a partire dal 2027. Ma non solo: per la prima volta l’Istituzione dell’Unione europea ha adottato l’inclusione nel sistema Ets delle emissioni prodotte dal settore marittimo e l’eliminazione graduale delle quote gratuite per il trasporto aereo entro il 2026, «così da incentivare l’uso di combustibili sostenibili nel settore dell’aviazione», si legge sul sito del Parlamento europeo.
Carbon Tax
Il secondo dossier spinoso riguarda invece il nuovo Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam). L’obiettivo di tale sistema è quello di garantire che gli sforzi climatici globali, nonché quelli dell’Unione, non siano messi in pericolo o disincentivati dalla «delocalizzazione della produzione in paesi extra Ue» con politiche climatiche meno ambiziose. In sostanza, il testo legislativo prevede l’entrata in vigore graduale del cosiddetto Carbon border adjustment mechanism dal 2026 al 2034 in concomitanza con l’eliminazione progressiva delle quote gratuite nell’Ets e riguarderà – in particolare – ferro, acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità, idrogeno ed emissioni indirette in determinate condizioni. Nella pratica, tale misura imporrà alle aziende importatrici nell’Ue di prodotti coperti dal sistema Ets di comunicare la quantità di emissioni contenute nelle merci alla frontiera, per poi acquistare certificati Cbam corrispondenti al prezzo che avrebbero pagato per produrre i beni all’interno dell’Unione. Per la prima volta, l’Ue applicherà dunque una tariffa aggiuntiva ad aziende produttrici che si trovano al di fuori del proprio territorio.
Un Fondo sociale per il clima per combattere la povertà energetica
L’ultima misura prevede infine l’istituzione di un Fondo sociale per il clima (Scf) nel 2026 con l’obiettivo di garantire «una transizione climatica equa e socialmente inclusiva». A beneficiare di tale normativa – adottata ad ampia maggioranza – saranno le famiglie vulnerabili, le microimprese e gli utenti dei trasporti particolarmente colpiti dalla povertà energetica. Il Fondo – fa sapere il Pe – verrà finanziato dai ricavi della messa all’asta delle quote Ets II fino a un importo di 65 miliardi di euro, con un ulteriore 25% coperto da risorse nazionali per un totale stimato pari a 86,7 miliardi di euro.
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