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Omicidio della madre di Donato De Caprio, è stato il marito della vicina indagata a chiamare la polizia

19 Aprile 2023 - 16:48 Redazione
La donna era in cura presso un centro di igiene mentale

È stato il marito di Stefania Russolillo, la vicina di casa di Rosa Gigante, a chiamare la polizia per l’omicidio della donna, affermando che il delitto poteva essere riconducibile a sua moglie. La donna 47enne si trova attualmente in carcere in quanto indiziata di essere stata lei a uccidere Rosa Gigante, madre 72enne del salumiere e tiktoker Donato De Caprio, trovata morta ieri, 18 aprile, nella abitazione di Napoli, nel quartiere Pianura. A rivelare il dettaglio sul delitto di via vicinale Sant’Aniello è il primo dirigente della Squadra Mobile di Napoli, Alfredo Fabbrocini. In conferenza stampa l’uomo ha ricordato che «il fatto è avvenuto alle 12 di ieri» e che« il corpo della signora è stato trovato supino con segni di violenza e parzialmente bruciato, con un cavo all’altezza del collo. Al momento non sono note le causa del decesso. Dobbiamo aspettare l’autopsia». Le prime ipotesi suggeriscono che la 72enne possa essere stata uccisa con dei colpi da arma contundente. Mentre le bruciature – spiega Fabbrocini – «sono state causate da un liquido infiammabile, nel corso di un tentativo di darle fuoco».

Il litigio e l’avidità: il movente

Quanto al movente, appare sempre più probabile che a giocare un ruolo sia stato un rimprovero mosso da Gigante a Russolillo. L’indagata – che era in cura presso un centro di igiene mentale, come ha riferito il capo della Squadr amobile – era stata accusata di aver preso la posta della donna che è accusata di aver ucciso. Ma potrebbe anche essere stata l’avidità a portare all’accaduto secondo il legale della famiglia della vittima Hilarry Sedu: «Non escludiamo che la donna sia salita a casa della vittima per compiere un furto, pensando che la povera Rosa custodisse i frutti del successo del figlio». Al momento rimane comunque poco chiaro se la vicina di casa abbia agito da sola o con l’aiuto di qualcuno. A suggerire la possibile presenza di collaboratori è sempre Sedu, che cita informazioni ricevute da un testimone che avrebbe sentito il figlio minorenne dell’indagata fare riferimento a un’altra persona, che avrebbe utilizzato il liquido infiammabile usato per tentare di appiccare il fuoco al corpo della 72enne. «Ci sono tanti punti da chiarire e tanti interrogativi che attendono una risposta. I figli sono tutti sotto choc e chiedono giustizia, vogliono sapere la verità sull’accaduto», annuncia l’avvocato, intenzionato a nominare un consulente di parte per l’autopsia.

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