Caso Orlandi, il fratello Pietro insiste: «Neroni sia ascoltato, su mia sorella affermazioni gravi». Il passo indietro su Wojtyla: «Nulla di losco»
«Mi dispiace che a volte è mal informato, che dica che non vogliamo collaborare». Inizia così la replica di Pietro Orlandi, fratello della giovane Emanuela scomparsa nel 1983, al segretario di Stato vaticano Pietro Parolin. Che nelle scorse ore lo ha accusato di essersi tirato indietro nelle indagini. «Ti pare che noi chiediamo l’apertura di una inchiesta per quaranta anni e ora ci tiriamo indietro? Mi dispiace, qualcuno l’ha informato in maniera errata», ha detto ad Atlantide su La7. Orlandi ha poi sottolineato la necessità di ascoltare Marcello Neroni, l’uomo vicino alla banda della Magliana autore dell’audio che accusa Papa Wojtyla di pedofilia. E ha riferito che il promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi – che di fatto ha riaperto le indagini – gli ha detto: «Noi ci proviamo, se non ci riusciamo, chiederò l’aiuto di Lo Voi», il procuratore capo di Roma, «affinché lo ascolti e poi ci riferisca. Noi scaveremo in questa direzione». Secondo il fratello di Emanuela Orlandi, Marcello Neroni è una delle tante persone da sentire «perché ha detto delle cose gravissime e va tolto quel dubbio» in merito a Wojtyla. Ma ha puntualizzato che «le cose più gravi le ha dette su mia sorella, avrei fatto a meno di ascoltare quell’audio».
Lo scontro sulle parole contro Wojtyla
Nei giorni scorsi è scoppiata la polemica in Vaticano dopo che Orlandi durante una trasmissione televisiva ha riferito di alcune abitudini dell’ex Pontefice, il quale «la sera andava in giro con due suoi amici polacchi, ma non per andare a benedire le case». Il cardinale polacco Stanislaw Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia e segretario personale di Papa Giovanni Paolo II, le aveva definite «accuse farneticanti, false dall’inizio alla fine, irrealistiche, risibili al limite della comicità se non fossero tragiche, anzi esse stesse criminali». Ma su questo il fratello della cittadina vaticana scomparsa nel 1983 ha fatto stasera un passo indietro, precisando che «solo chi è in malafede l’ha vista come qualcosa di losco». L’avvocata Laura Sgrò, che difende la famiglia Orlandi, ha detto intanto di aver scritto ieri a Diddi per ribadirgli che «se qualche elemento è rimasto in sospeso Pietro è a disposizione in qualsiasi momento per andare a chiarire»
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