Il padre di Andrea Papi: «Non voglio vendette, no all’abbattimento dell’orsa Jj4»
Carlo Papi è il padre di Andrea, il runner ucciso dall’orsa Jj4. E, come la madre Franca, chiede di non uccidere il plantigrado. Perché la sua morte non gli restituirà il figlio. E perché secondo lui «è troppo comodo cercare di chiudere questa tragedia eliminando un animale. Noi pretendiamo che ad Andrea vengano restituite dignità e giustizia». L’orsa è stata catturata e adesso si trova al Casteller in attesa della sentenza del Tar l’11 maggio. Mentre il presidente della Provincia di Trento Fugatti ha ordinato anche l’abbattimento di Mj5. E il responsabile della protezione civile Raffaele De Col dice che gli orsi nella regione andrebbero dimezzati e che Jj4 non può essere trasferita perché nessuno la vuole. Esattamente come M49, che si trova ancora nel rifugio.
Responsabilità
Per Papi, che parla oggi in un’intervista a Repubblica, «qualcuno deve avere il coraggio di assumersi la responsabilità della morte di Andrea. A costo di fare un passo indietro rispetto al ruolo pubblico che ricopre». L’obiettivo sembra essere proprio Fugatti: «Quella di nostro figlio non è stata una morte naturale. Nessuno si è ancora fatto vivo per chiederci scusa, per spiegarci le cause che hanno contribuito a creare le condizioni di questa tragedia. Confidiamo nella Procura di Trento e nei nostri avvocati: il governo attuale della Provincia, come quelli che l’hanno preceduto, hanno il dovere di chiarire, assieme allo Stato, se è stato fatto il possibile per garantire la sicurezza». Perché secondo lui la morte di Andrea «si poteva evitare. Le istituzioni non hanno fatto niente per spiegare alla gente come comportarsi con un numero così alto di orsi: cosa fare per prevenire incontri, quali zone non frequentare, come reagire a un attacco. Hanno lasciato tutti ignoranti e tranquilli, senza nemmeno installare i cassonetti anti-orso in tutti i paesi a rischio».
Vendette
Carlo Papi dice che «nessuno ha chiesto alla gente se condivideva la reintroduzione degli orsi, nessuno ha fatto il necessario per renderla compatibile con la nostra e la loro vita». Mentre sull’abbattimento è chiarissimo: «Le vendette simboliche non ci interessano, la colpa della tragedia non può essere circoscritta a un’orsa. Ucciderla non significa fare giustizia. Pretendiamo un’assunzione morale di responsabilità da parte di chi per quasi un quarto di secolo ha gestito gli orsi in Trentino, spingendo tutti nel disastro a cui assistiamo».
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