Il decreto primo maggio del governo Meloni: più soldi in busta paga e via le causali dai contratti a termine
Un decreto sul lavoro da approvare il primo maggio. Che porti più soldi nelle buste paga dei lavoratori con redditi medio-bassi. E che dovrebbe alla fine infilare nelle tasche degli italiani più o meno 15 euro al mese per 13 mensilità. Ovvero, secondo i calcoli di Bankitalia, circa 200 euro all’anno. Questo è il piano del governo Meloni. Che prenderà decisioni anche sul fronte dei contratti. Eliminando dall’obbligo di causali i contratti a termine. Ma solo per quelli sotto i 12 mesi. Per quelli da uno a due anni si introdurranno invece tre nuove causali. Considerate in qualche modo più accessibili. Si prorogheranno anche le procedure per i contratti di espansione. Che consentono l’uscita anticipata di cinque anni ai lavoratori nelle imprese con più di 50 dipendenti se si assumono giovani.
Il taglio del cuneo fiscale
Il provvedimento più atteso è il nuovo taglio del cuneo fiscale. Che dovrebbe riguardare solo chi guadagna fino a 35 mila euro l’anno. La Legge di Bilancio aveva introdotto un esonero dal pagamento dei contributi previdenziali a carico del lavoratore di 0,8 punti percentuali a condizione che la retribuzione imponibile, su base mensile, non superasse i 2.692 euro (corrispondenti a circa 35 mila euro annui). Lo sgravio comportava un maggior indebitamento pari a 1,5 miliardi di euro per quell’anno. Nell’agosto del 2022, il decreto Aiuti bis ha poi destinato ulteriori risorse per 1,7 miliardi lordi (1,2 al netto degli effetti indotti) al rafforzamento dello sgravio contributivo per il solo secondo semestre dell’anno. Aumentandolo al 2 per cento e mantenendo invariati i requisiti di accesso. Il taglio attualmente in vigore è stato invece introdotto con la legge di bilancio per il 2023, impiegando per l’intero anno 4,6 miliardi di euro.
I calcoli delle buste paga
Lo sgravio è attualmente fissato al livello di 2 punti percentuali per i redditi inferiori al limite retributivo mensile di 2.692 euro (circa 35 mila annui) e a 3 punti per quelli inferiori al limite mensile di 1.923 euro (circa 25 mila annui). Ipotizzando che le soglie di applicazione rimangano quelle in vigore, con l’avvio dei nuovi sgravi dal prossimo maggio i 3,5 miliardi del Def destinati al rafforzamento di questa misura dovrebbero consentire, secondo via Nazionale, un raddoppio dell’importo mensile dell’esonero. L’aumento del reddito disponibile sarebbe poco inferiore ai 200 euro nell’anno in media. L’ordine del giorno del consiglio dei ministri ancora non è stato fissato. Gli approfondimenti delle misure sono in corso, a via Veneto come al Mef.
La riforma del reddito di cittadinanza
Nel decreto troverà spazio anche la riforma del Reddito di cittadinanza, su cui sono puntati anche gli occhi delle opposizioni. Secondo le ultime bozze circolate la misura di sostegno alle fasce più fragili si dividerà in tre. Da un lato la Garanzia per l’inclusione (Gil). Dall’altro due strumenti per le politiche attive del lavoro, la Prestazione di accompagnamento al lavoro (Pal, transitoria fino a fine anno) e la Garanzia per l’attivazione lavorativa (Gal). Saranno rivisti, al ribasso, gli importi per i cosiddetti “occupabili” che avranno al massimo 350 euro al mese e dovranno accettare le proposte di lavoro di almeno un mese pena la decadenza dal beneficio. Col decreto si dovrebbe anche sanare il buco normativo creato con la manovra, che aveva cancellato il reato per chi riceveva indebitamente l’assegno, con un inasprimento delle sanzioni per dichiarazioni false e truffe con pene fino a 6 anni di carcere.
Le causali dei contratti a termine
Sulle causali dei contratti a termine invece cadrà l’obbligo per i contratti fino a 12 mesi. Ma ci sono novità anche per quelli da 1 a 2 anni. Le cui motivazioni potranno andare verso esigenze più specifiche di natura tecnica, organizzativa e produttiva. Oppure per sostituire altri lavoratori. Le norme attuali invece prevedono che l’esigenza di prendere lavoratori sia determinata da ragioni oggettive ed estranee all’attività ordinaria. C’è poi la proroga dei contratti di espansione. Che consentono di uscire cinque anni prima dei 67 anni dal lavoro nelle aziende con più di 50 dipendenti a patto di assumere nuove professionalità.
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