Neri Marcorè, Monicelli e l’eutanasia: «Dopo 13 anni dovrebbe rifare la stessa cosa. La sinistra? Dia la colpa a sé stessa»
Neri Marcorè nel cortometraggio L’ultimo stop interpreta un regista che si reca in Svizzera per il suicidio assistito. E in un’intervista al Fatto Quotidiano spiega oggi che l’Italia è ostaggio dell’ipocrisia e della convenienza su questo come su altri temi. La convenienza è «della politica. Capisco non possa prescindere dal consenso, e giustamente la Chiesa porta avanti la propria idea sulla vita, ma lo Stato è laico: deve tener conto della sensibilità di tutti». La storia che ricorda Marcorè è quella di Mario Monicelli: «Sono passati 13 anni e oggi dovrebbe rifare la stessa cosa… La legge sull’eutanasia consentirebbe un altro accompagnamento alla fine della vita, anche rispetto agli affetti familiari, altrimenti costretti a prenderne atto senza preavviso. La consulta ha rimandato al Parlamento, che cincischia».
La sinistra
In questa ottica, secondo Marcorè, la sinistra «non può dare la colpa ad altri che a se stessa. In tutte le sue frange e sfaccettature non ha saputo trovare sintesi e compattezza. L’evidente immobilismo rispetto ai temi etici, dalla fine della vita allo ius soli, non portare avanti con convinzione leggi che sono appannaggio della propria cultura. È il momento in cui vanno ritrovati i principi». Nel colloquio con Federico Pontiggia l’attore però elogia Elly Schlein: «Ne penso benissimo, come di Bonaccini: non ero sbilanciato tra i due, ma ritengo che Elly Schlein possa vere qualcosa di più dal punto di vista rappresentativo. Sicuramente sarebbe stato bello che la sinistra avesse espresso una donna leader prima della destra». Infine, Marcorè ricorda di aver esordito a teatro trent’anni fa, La finta ammalata in musica di Carlo Goldoni: incarnava Pantalone. «E lo sto diventando: gobbo e brontolone, spero non tirchio e meschino. Insofferente? Verso l’autocelebrazione, l’arroganza e la sguaiatezza. Anche nel divertimento».
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