Superbonus 2023: lo stop alle cessioni e i nuovi lavori con platea di beneficiari (molto) ristretta
Lo stop alle cessioni per quasi tutti i nuovi lavori sembra riportare al 2019, quando l’unico modo per sfruttare l’agevolazione era avere un Irpef consistente. Una condizione che ad oggi si rivela in gran parte dei casi impossibile da rispettare. Solo una parte residua dei contribuenti risulta avere un Irpef tale da poter assorbire le detrazioni. Stando ai dati che riporta Il Sole 24 Ore, il 99,1% dei contribuenti potenzialmente interessati è escluso, a meno che il beneficiario non sprechi in tutto o in parte l’agevolazione. La legge di conversione del decreto blocca cessioni prevede la possibilità di recuperare la detrazione derivante dal Superbonus in 10 quote annuali. Una condizione che, però, si applica solo ai bonus derivanti da spese sostenute nel 2022.
La detrazione
Pertanto, chi avvia i lavori quest’anno non potrà contare sulla ripartizione della detrazione. In questo caso resta come opzione solo la ripartizione cosiddetta ordinaria. Ovvero 4 anni per il superbonus, cinque per il sismabonus e il bonus per le barriere architettoniche e dieci anni per ecobonus. Nel caso di abitazioni monofamiliari, villette e unità indipendenti la platea dei potenziali beneficiari si azzera quasi del tutto perché il Superbonus è riservato a chi ha un reddito entro i 15mila euro. Reddito che genera un Irpef poco consistente rispetto alle spese medie dei lavori. Per quanto riguarda i condomini, invece, la platea sembra allargarsi perché l’agevolazione va divisa tra tutti i proprietari. Anche in questo caso però il Superbonus genera detrazioni molto consistenti. Un passo indietro che risulta ancora più lampante con i bonus ordinari. Le quote annue di detrazione risultano più sostenibili. In caso di interventi come piccole ristrutturazioni di un alloggio (ad esempio, il cambio delle finestre), gli incapienti si riducono fino a un terzo. Ma basta elettrificare il riscaldamento di una villetta e gli esclusi schizzano al 55%.
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