Kenya, il suicidio di massa dei membri della setta di Paul Mackenzie Nthenge: «Ho creduto il lui, mi ha fatto sentire Gesù vicino»
La storia che si cela dietro il reperimento di decine di cadaveri sotto la terra di Malindi, città sulla costa orientale del Kenya, ha dell’incredibile. Le ricerche condotte dagli investigatori locali hanno portato a stabilire che si sarebbe trattato di un suicidio di massa: un pastore, Paul Mackenzie Nthenge, ha convinto i suoi fedeli a lasciarsi morire di fame «per incontrare Gesù», come hanno raccontato alla polizia locale i sopravvissuti, tutti kenioti. La sala delle preghiere della Good News International Church, dove hanno fatto irruzione gli investigatori, era piena di persone emaciate, ridotte pelle e ossa, circondate da escrementi. Durante il blitz sono state trovate anche quattro persone in vita, ma sono morte poco dopo il ricovero.
I precedenti
«All’inizio mi sembrava di aver trovato la luce. Il pastore mi aveva convinta che solo lui vedeva “la vera me”», ha raccontato alla polizia una giovane donna, M. Y., secondo quanto riporta Repubblica. «Mi ha fatto sentire Gesù vicino. Ho creduto in lui. Poi quando capisci che la vita ti sta lasciando ti ci aggrappi. Se sei fortunato come me sopravvivi. Molti non c’è l’hanno fatta». La polizia ha arrestato il predicatore e chiesto al tribunale di Malindi di trattenerlo il più a lungo possibile. Mackenzie Nthenge, dal canto suo, si è rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda degli inquirenti e di mangiare. Il suo nome, comunque, era già noto: nel 2017 era finito in carcere perché, secondo l’accusa, avrebbe vietato i suoi seguaci di mandare i figli a scuola. Dal momento che «l’educazione non è riconosciuta dalla Bibbia». Le forze dell’ordine avevano bussato alla sua porta, inoltre, nel marzo di quest’anno, dopo la morte di due bambini della comunità ridotti alla fame dai genitori. Il timore, adesso, è che le vittime siano molte di più delle 58 accertate. Per questo motivo sono stati attivati controlli a tappeto in tutta la foresta di Shakahola. Si cercano anche alcuni complici che sarebbero ancora a piede libero. Il presidente keniota William Ruto ha annunciato una vera e propria caccia all’uomo e ha promesso di reprimere tutti i movimenti religiosi ritenuti «inaccettabili», definiti «non diversi dai gruppi di terroristi». Il presidente del Senato Amason Jeffah Kingi si è fatto portavoce della richiesta di giustizia dei familiari delle vittime.
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