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Non è l’Arena, la versione di Graviano su Berlusconi: niente foto, ma 20 miliardi di debiti e un arresto “sospetto”

fratelli graviano berlusconi foto
fratelli graviano berlusconi foto
In un memoriale consegnato tre anni fa durante il processo 'Ndrangheta Stragista Madre Natura ha raccontato una storia (incredibile) su investimenti di suo nonno a Milano e incontri con Berlusconi. Dietro al complottismo del boss c'è il solito tentativo di lasciare il carcere duro. Ma...

«Presidente, per il momento non mi ricordo. Quando avrò la verità sulla morte di mio padre parlerò. Io, solo io le so queste cose. Tra 10, 20, 30 anni le farò emergere». A parlare è Giuseppe Graviano durante il processo ‘Ndrangheta stragista a Reggio Calabria. È il febbraio del 2020. E queste sono le ultime parole che il boss di Brancaccio ha pronunciato su una vicenda che lo riguarda e che è tornata d’attualità. Nelle more della chiusura improvvisa di Non è l’Arena il Fatto Quotidiano ha parlato di una presunta foto che ritrarrebbe proprio “Madre Natura” (così si faceva chiamare a Palermo) insieme a Silvio Berlusconi e al generale dei carabinieri Francesco Delfino. Il conduttore Massimo Giletti ha detto di averla vista (senza poter riconoscere né Graviano né Delfino) ai pubblici ministeri di Firenze.

I mandanti occulti delle stragi del 1993

A Firenze si indaga sui mandanti occulti delle stragi del 1993. Dopo l’arresto di Totò Riina una fazione interna di Cosa Nostra decide infatti di continuare con la strategia del terrore che secondo il Capo dei Capi avrebbe dovuto portare a «fare la guerra per poi fare la pace» con lo Stato. L’attentato (fallito) a Maurizio Costanzo in via Fauro, le stragi di via dei Georgofili a Firenze e via Palestro a Milano e le bombe alle chiese di Roma uccidono dieci persone, tra cui una bambina di pochi mesi. Fallisce invece l’attentato contro i carabinieri allo stadio Olimpico di Roma del gennaio 1994. La strategia della tensione finisce proprio mentre Giuseppe e il fratello Filippo vengono arrestati in un ristorante a Milano con le rispettive fidanzate. Nel 2000 Giuseppe Graviano è stato condannato all’ergastolo insieme ai boss Matteo Messina Denaro, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella e Salvatore Riina per quegli attentati. Ne deve scontare altri cinque.

Il racconto di Spatuzza

Il pentito Gaspare Spatuzza ha raccontato che nel gennaio del 1993, prima dell’arresto dei Graviano, si è incontrato con Giuseppe nel bar Doney di via Veneto a Roma. Nell’occasione, secondo Spatuzza, Madre Natura gli dice che dopo l’attentato dell’Olimpico – che ancora deve andare in scena – la strategia delle bombe si può fermare. Perché, secondo Spatuzza, Graviano gli dice che ha trovato un accordo per risolvere tutti i problemi. Ci penserà Silvio Berlusconi, che conosce e ha incontrato insieme a Marcello Dell’Utri. Pochi giorni dopo questo presunto incontro Graviano viene arrestato a Milano con il fratello. Oltre a Berlusconi, anche Giuseppe ha sempre negato l’incontro al bar Doney. Così come ha negato la conoscenza con Dell’Utri. Ha invece affermato di aver incontrato l’ex premier in tre occasioni prima del suo arresto. E ha provato a proporre una teoria del complotto in cui il suo arresto è stato diretta conseguenza di una questione d’affari che aveva aperta proprio con Berlusconi.

La versione di Graviano

Graviano ha parlato in un memoriale di 54 pagine ampiamente pubblicizzato all’epoca e poi durante il processo. La sua testimonianza è stata raccontata e analizzata nel libro I fratelli Graviano dell’inviato di Repubblica Salvo Palazzolo. Secondo il boss «la morte di mio padre, i rapporti di Totuccio Contorno con la procura di Palermo, quelli del gruppo di Bontate con Berlusconi, gli investimenti finanziari di alcuni imprenditori di Palermo a Milano, la strage di via d’Amelio» fanno parte di una vicenda collegata. Madre Natura sostiene che l’omicidio del padre, imprenditore «e incensurato» Michele Graviano, per il quale si è accusato Tanino Grado, sarebbe invece anche responsabile il pentito Totuccio Contorno. Graviano accusa anche «il pool della procura di Palermo, composto da Falcone, Chinnici e altri» di aver consentito a Contorno di commettere «una serie sconfinata di omicidi» che non avrebbe mai confessato.

Il Cavaliere

E qui entra in scena Berlusconi. Secondo Graviano i legami di Bontate con il Cavaliere si sono «rafforzati» con l’entrata in scena dello stalliere Vittorio Mangano ad Arcore (che lui non nomina). Tra 1970 e 1972, è il suo racconto, suo nonno materno Filippo Quartararo decide di farsi capofila di un gruppo di investitori del palermitano che piazzano la cifra di 20 miliardi di lire dell’epoca. Ovvero 173 milioni di euro di oggi. Nell’occasione Michele Graviano dice al padre di sua moglie che non gli interessa partecipare alla “cordata” perché preferisce gestirsi gli interessi da sé. E gli intima anche di non infilare i suoi figli (sono quattro: oltre a Filippo e Giuseppe ci sono il maggiore Benedetto e la più piccola Nunzia) in questa storia. Quando muore il padre, sostiene Giuseppe, il nonno gli fa presente che ci sono gli interessi milanesi da curare. Di questi, sempre secondo Graviano, si è occupato finora soltanto suo cugino Salvo Graviano.

I 20 miliardi

Questi 20 miliardi, secondo Graviano, erano garantiti da una scrittura privata. Che lui afferma di aver visto. Così come afferma di aver visto altre due volte a Milano Berlusconi per parlare dell’affare. Nella memoria sostiene che i palermitani non avevano ricevuto nulla in cambio. Poi dice che il cugino Salvo ha ricevuto 600 milioni di lire in restituzione da Berlusconi. Poi, sostiene, alla fine del 1993 attorno a lui, che è latitante, cambia qualcosa. «E questo momento corrisponde, a mio avviso e a mente lucida, con l’ultimo incontro che ho avuto con Berlusconi a Milano. In quell’incontro si parlò di mettere nero su bianco quello che era stato pattuito con mio nonno Quartararo e gli altri investitori palermitani», sostiene Graviano. Il quale aggiunge che i palermitani da Berlusconi «volevano ottenere i propri utili e formalizzare l’accordo davanti a un notaio». Tanto che era stato fissato anche un appuntamento in uno studio per firmarlo nel febbraio del 1993. Poco prima Graviano viene arrestato.

La teoria del complotto del Boss

Nel memoriale Madre Natura dice che riguardo le circostanze del suo arresto, «un ruolo» è da attribuire «a Contorno e a Berlusconi». Poi aggiunge che «è certo che tutte queste manovre messe in atto da qualcuno o più di qualcuno hanno fatto guadagnare al sig. Berlusconi, alla fine degli anni 60, la cifra di ben 20 miliardi di lire, che si dovevano tradurre nel 20% degli investimenti fatti dallo stesso». E poi, ancora: «Quello che sicuro invece è che quei 20 miliardi di lire al momento li abbiamo persi, insieme al 20% dei profitti maturati». Secondo Spatuzza Graviano al bar Doney gli aveva anche rivelato che Berlusconi sarebbe sceso in politica. Ma quell’incontro secondo Graviano non è mai avvenuto. Nel libro “I Fratelli Graviano” si ricorda invece che il collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo aveva invece parlato di un investimento al nord da parte del padre dei fratelli Graviano, Michele. Il pentito ha anche raccontato di presunte frequentazioni di Bontate a Milano sollecitato da Marcello Dell’Utri e di «quote da 500 milioni di lire».

Nomi e cognomi?

Nell’udienza Graviano fa i nomi degli altri investitori oltre al nonno materno: «Antonio La Corte, che lavorava nell’ambito della ristorazione, Alfano Carlo, Matteo Chiazzese» a cui subentra il fratello Salvatore che poi ha abbandonato la parte. Ci sono anche «la signora Serafina e suo figlio». Ancora nel libro si fa notare che si tratta di persone morte da tempo e che non hanno avuto a che fare con la giustizia. Quindi è impossibile verificare. Nel 2020 l’allora legale di Berlusconi Niccolò Ghedini definì le dichiarazioni di Graviano «totalmente e platealmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà nonché palesemente diffamatorie». E dette solamente con lo scopo di «ottenere benefici processuali o carcerari». E aggiunse che sui flussi di denaro in Fininvest «il dottor Giuffrida della Banca d’Italia, consulente della Procura di Palermo, che ha escluso qualsiasi flusso illecito». Francesco Giuffrida lo ha fatto in occasione di una richiesta di risarcimento danni da parte di Fininvest per quello che aveva scritto in una relazione agli atti del processo di Palermo nei confronti di Dell’Utri.

Fantascienza e segnali

Che le cose siano andate come dice Graviano è fantascienza. Ma all’epoca delle sue dichiarazioni tutti i commentatori posero l’accento sul fatto che il boss di Brancaccio voleva invece mandare «segnali» a chi ritiene sia in qualche modo responsabile della sua detenzione al 41 bis. L’amico presso cui trascorreva la latitanza a Omegna, ovvero Salvatore Baiardo, ha invece negato negli interrogatori l’esistenza della foto che ritrarrebbe Berlusconi, Delfino e Madre Natura sul lago d’Orta. Che gli investigatori non hanno trovato durante le perquisizioni. Chi dice di averla vista la descrive come un’istantanea forse scattata da una Polaroid e all’insaputa degli interessati. Ma dice anche di non poter riconoscere con certezza Delfino e Graviano. Il quale nel memoriale si augurava che i processi si svolgessero per accertare la verità e non per «chiudere i cerchi» su di lui.

Salvatore Baiardo

Quando si è presentato davanti a Luca Tescaroli e Luca Turco, Baiardo ha invece parlato di una telefonata a Palazzo Chigi che risale al 2011. Un tentativo di contattare Silvio Berlusconi su cui i pm hanno trovato una specie di riscontro: c’è una telefonata, ma al centralino di Palazzo Chigi. Baiardo ha anche raccontato di un incontro con Paolo Berlusconi, che risale anch’esso al 2011 nella sede de Il Giornale, quindi in via Negri a Milano. Niccolò Ghedini lo aveva smentito. Ma è stato riscontrato grazie alle testimonianze dei due agenti di scorta del fratello di Silvio. Convocato a Firenze, Paolo Berlusconi si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’ex agente Giancane ha riferito cosa gli disse il fratello di Silvio all’epoca: «Dopo il colloquio tra la persona e il dottore Berlusconi vidi lo stesso turbato. Egli mi disse, per quanto mi ricordo, una frase del tipo: ‘Mimmo tu sei testimone, questa persona è venuta a dire cose che riguardano mio fratello per screditarlo’». Tra memoriali, ex fiancheggiatori e presunte foto, i Graviano sembrano muoversi per cercare di lasciare il carcere duro. Che ci riescano è un altro discorso.

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