I papà di Ultima Generazione? Michelangelo e i Lanzichenecchi. A Villa Farnesina di Roma ecco i segni dei primi imbrattatori – Il video
Le azioni di protesta di Ultima Generazione con vernice (lavabile) o minestre rovesciate su opere d’arte e palazzi storici non sono una invenzione di questi tempi. Per chi volesse trovare gli antenati della protesta basta una visita a Villa Farnesina, nel quartiere romano di Trastevere: è la dimora che il banchiere del Papa, Agostino Chigi, si fece costruire agli inizi del Cinquecento per andarci ad abitare dopo le nozze. Lì, al primo piano nella sala delle prospettive, affrescata da Baldassarre Peruzzi, si trovano le tracce lasciate da quelli – potremmo dire – di “Prima Generazione”: i Lanzichenecchi. Scritte in gotico all’epoca cancellate ma riemerse secoli dopo con i restauri. Quella al centro della sala dice «Perché io scrittore non dovrei ridere? I lanzichenecchi hanno fatto correre il Papa». Il riferimento è a Clemente VII che dopo il sacco di Roma si rifugiò in Castel Sant’Angelo e con uno stratagemma e l’aiuto di Luigi Gonzaga il Rodomonte da lì riuscì a fuggire e riparare ad Orvieto. Ma anche dai restauri di altre sale sono saltate fuori altre scritte incise forse dai Lanzichenecchi forse da altri in questi secoli. Ce ne sono tantissime nella stanza delle nozze di Alessandro Magno e Roxane affrescata da Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma. Era la stanza da letto pensata per la prima notte di nozze di Agostino Chigi. Villa Farnesina dunque è stata una sorta di palestra degli imbrattatori per protesta e talvolta per dileggio durante la storia.
La leggenda del super imbrattatore
E in contemporanea secondo la leggenda ci fu anche un super imbrattatore, di cui in quegli anni si parlò e si scrisse, anche se la verità non fu mai dimostrata. Agostino Chigi aveva infatti affidato gli affreschi delle sale al piano terra della villa a Raffaello e alla sua scuola, oltre che al Sodoma, al Peruzzi e a Sebastiano Del Piombo. È opera loro la Loggia di Amore e Psiche, progettata tutta su disegni di Raffaello. L’urbinate è autore dell’affresco più importante nella sala adiacente della Loggia di Galatea. Qui dipinse la ninfa avendo come modella Margherita Luti, la figlia di un fornaio di cui il pittore si era perdutamente innamorato. Raffaello non finiva mai quell’affresco per scappare da lei e Chigi non lo ritrovava magari per giorni. Allora il banchiere decise di ospitare in quella villa Margherita (che poi sarebbe stata modella di un altro dei dipinti più famosi di Raffaello, la Fornarina), in modo che l’artista potesse averla sempre con sé e dipingere senza scomparire per giorni.
Cosa c’entra Michelangelo Buonarroti
Ed è proprio in quei mesi che nasce la leggenda dell’imbrattatore di lusso. Dell’opera che stava compiendo Raffaello a spese del finanziatore più ambìto della capitale parlava e sparlava tutta Roma, arricchendo il racconto di misteri e particolari sempre più intriganti. Si racconta che quella voce giunse a Michelangelo Buonarroti, che era talmente divorato dalla curiosità da provare una notte ad entrare nella fabbrica della villa, entrando proprio nella stanza che stava dipingendo Raffaello. Vide il Trionfo di Galatea e gli affreschi delle lunette e arrampicatosi sulla scala, prendendo un pezzo di carbone, volle disegnare una testa gigantesca come un imbrattatore di lusso. Quella testa è stata poi sistemata, ma non cambiata (è la sola in carboncino) da Sebastiano del Piombo. Se i ragazzi di Ultima Generazione sapessero oggi di avere un padre nobile così, chi li fermerebbe più?
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