Carlo Conti e le trasgressioni: «In discoteca bevevo acqua, mai una canna. Però mi sono sposato!»
Carlo Conti non beve, non fuma, non litiga sul lavoro e nemmeno a casa. E mentre da domani tornerà in tv su Rai 1 con “I migliori anni” dice oggi in un’intervista a Repubblica che è così per una sua scelta precisa: «Ho capito le priorità nella vita. Sarei ingrato se perdessi tempo a litigare». Nel colloquio con Silvia Fumarola dice che il suo ultimo programma «ce lo siamo inventato col mio gruppo di lavoro quando c’era tanta voglia di ricordare, non c’erano fermenti musicali, molti locali facevano serate a tema anni 70 e 80». Sul suo futuro fa sapere che il contratto con la Rai scade a giugno: «Se lo rinnoverò per altri due anni, nel 2025 saranno 40 anni in Rai. Sono legato al servizio pubblico».
La Rai
Il conduttore non sembra avere dubbi sul futuro: «Se un matrimonio va bene perché cambiare? Ci si siede a tavolino, ho solo il mio lavoro da presentare: finché andrò bene all’azienda, credo non ci siano problemi». Dice che si è sposato perché «ho sentito il bisogno di condividere e di costruire la famiglia, è stato un momento di svolta e consapevolezza. Grazie a Francesca la mia vita è cambiata. Nel 2014 è nato Matteo, cosa potrei chiedere di più?». C’è differenza, sostiene, con gli amici Pieraccioni e Panariello: «Per loro ero l’Alberto Sordi del gruppo, quello che non si sarebbe mai sposato. Non avevo mai convissuto, mai avuto due spazzolini da denti in bagno. Li ho spiazzati. Ho sentito la necessità di avere una famiglia. Non per tutti è così. Leo ha una figlia che gli riempie la vita, Giorgio una compagna».
«Patito solo delle ragazze»
Mentre lui dice che non ha mai fatto una trasgressione: «In discoteca bevevo acqua, non mi sono mai ubriacato. E nessuno mi ha offerto una canna, tra discoteche e radio immagino girassero. Non me sono accorto, non ho mai fumato. Essere lucido era importante, ero solo patito delle ragazze». Adesso invece c’è sua moglie: «Francesca è fantastica. Come mamma è severa su certe cose, e pronta a consolare. Quando c’è da sgridare sgridiamo, siamo complici nel trasferire i valori che ci hanno insegnato».
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