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Open to Meraviglia, l’esperto di comunicazione Chieffi fa a pezzi la lettera dell’Armando Testa: «Il peggiore esempio: bastava chiedere scusa»

«Se le audiences capiscono qualcosa di diverso da quello che vuoi comunicare è il comunicatore che sbaglia non il pubblico» dice Daniele Chieffi

Quel ringraziamento da parte dell’agenzia pubblicitaria Armando Testa per il clamore seguito dalla campagna «Open to meraviglia» è «uno dei peggiori esempi di crisis management degli ultimi tempi» scrive su LinkedIn Daniele Chieffi, tra i maggiori esperti di comunicazione in Italia. Giornalista e docente universitario, Chieffi vanta una lunga carriera in posizioni di prestigio. Tra i suoi ultimi impegni quello in Eni, dove ha gestito l’ufficio stampa web, il social media management e il reputation monitoring dell’azienda. Già direttore della Comunicazione e delle pubbliche relazioni del Dipartimento per l’Innovazione e la Digitalizzazione di palazzo Chigi, è autore di numerosi libri tra cui Online crisis management per Apogeo, che affronta proprio i comportamenti più opportuni da tenere in caso della cosiddetta shitstorm. L’errore alla base della reazione dell’Armando Testa secondo Chieffi è innanzitutto l’atteggiamento nei confronti di chi con tutta evidenza non ha colto quel che la campagna voluta dal governo voleva comunicare: «Non credo che dare degli stupidi a tutti quelli che ti criticano sia una mossa saggia. In comunicazione se le audiences capiscono qualcosa di diverso da quello che vuoi comunicare è il comunicatore che sbaglia non il pubblico. Non è la campagna definitiva? Perché presentarla allora? Perché, sapendo che sarebbe diventata pubblica, non registrare i domini, gli handle dei social, non curare le traduzioni sul sito (Camerino=Garderobe) e usare immagini di stock slovene? Ma poniamo che sia veramente così, perché attendere giorni prima di dire: “Fermi tutti, non è la campagna vera, solo la presentazione dell’idea creativa”?».

E poi c’è quell’insulto tra le righe della lettera dell’agenzia apparsa oggi sul Corriere della Sera che «dice, in sostanza, che siamo tutti allenatori della Nazionale, virologi e creativi “milioni di creativi”, talmente ingenuamente bravi da credere che l’agenzia avesse incassato 9 milioni di euro e che alla fine grazie ma proprio grazie per aver fatto macinare numeri stellari a una campagna istituzionale, all’insegna del “purché se ne parli”. Peccato che non funziona così: non conta quanto se ne parli ma come se ne parli. È dagli anni ’90 che il mondo della comunicazione è cambiato. Infine il tono: stizzito, irridente, tronfio». Chieffi mette in chiaro che non si azzarda a giudicare la campagna da creativo, non essendolo, ma «posso dire che questo sia uno dei peggiori esempi di crisis management degli ultimi tempi. Come scrissi una volta per un’altra questione, sarebbe bastato chiedere scusa». E poi conclude: «Ultima nota: qualsiasi campagna “vera” sarà prodotta ora verrà vivisezionata, scomposta, massacrata a prescindere. Non vorrei essere nei panni dei creativi dell’agenzia».

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