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La storia di «Influencer povera» dai racconti su TikTok alla solidarietà del web: «Non volevo regali dai follower, poi mi hanno commossa» – L’intervista

Ha iniziato a raccontare in alcuni video la sua quotidianità, attirando l'attenzione degli utenti

Un cocktail party su un’isola privata. Buste e pacchi di vestiti firmati. Un tuffo nelle acque cristalline di Bali, i lanci di una nuova linea di skincare. E poi, la ricetta di una pasta e lenticchie preparata con il soffritto surgelato del Penny Market, cucinata su un fornello scrostato davanti a un muro senza intonaco. La clip che potrebbe aver fatto irruzione nel vostro algoritmo è stata girata da un’utente che si presenta come “Influencer Povera”. Il suo profilo è decisamente estraneo all’estetica patinata dei tradizionali creator. Uno dei contenuti più virali (quasi due milioni di visualizzazioni) è fissato in alto: riprende una sedia rotta. Al posto della superficie d’appoggio è stato montato artigianalmente un sacco nero dell’immondizia. «Ecco il nostro bagno», è il titolo del video. La proprietaria dell’account si chiama Lucia, e ha 27 anni. Viveva assieme al suo ragazzo nello stabile abbandonato dell’ex Caserma Rossani di Bari. «Eravamo riusciti a costruirci una vera e propria casa», racconta a Open. Fino a che, qualche giorno fa, l’edificio è stato sgomberato.

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Una casa di fortuna

I video di Lucia catturano subito l’attenzione. Oltre a raccontare una quotidianità atipica e a tratti brutale, le riprese hanno una scarsa qualità, e sono accompagnate da uno spiccato accento barese. Lei è nata ad Altamura ma vive nel capoluogo pugliese ormai da quattro anni: «A casa mia c’era una brutta situazione, mio padre aveva gravi problemi di salute. Ho conosciuto il mio ragazzo, Vanni, e entrambi abbiamo trovato un lavoro nella ristorazione a Bari, così ci siamo trasferiti», racconta. Il tempismo è stato sfortunato: poco dopo il loro trasferimento è scoppiata la pandemia, e l’attività per cui lavoravano non è riuscita a sopravvivere al lock-down. «Non sapevamo dove andare: c’era la madre di Vanni. Ma non volevamo essere un peso: lei ha già una condizione difficile, si ammazza di lavoro. Così abbiamo deciso di andare all’ex caserma: l’alternativa era finire per strada», spiega Lucia. In quello stabile abbandonato, tra erbacce e alberi alti, hanno vissuto per tre anni e mezzo. «Abbiamo iniziato ad arredarlo con gli scarti dei traslochi, o con i mobili che nessuno voleva più. Di notte uscivamo con un carrello della spesa, e giravamo vicino ai cassonetti raccattando quello che trovavamo. Non tornavamo mai a mani vuote», ricorda. «All’inizio dormivamo sui cartoni, poi abbiamo recuperato un materasso che una signora stava buttando. Abbiamo trovato anche delle sedie, e un tavolo: gli mancavano solo delle viti che abbiamo aggiunto. Con il tempo è persino arrivato un mobile per contenere i vestiti che ci dava la Caritas».

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L’inizio su TikTok

Per mangiare, Lucia e Vanni si arrangiavano con lavoretti di fortuna: assistere gli anziani, fare le pulizie, pedalare come rider. Avevano anche raggiunto la Francia «per fare la vendemmia»: un lavoro che aveva permesso di racimolare qualche risparmio per acquistare un piccolo generatore per l’elettricità. Acquistavano periodicamente una bombola del gas, e un loro conoscente gli aveva regalato una stufa vecchia. E poi, c’era la cucina da campeggio: la postazione dalla quale ha iniziato a girare i primi contenuti. «Un giorno girai un video in cui mi preparavo un ginseng, così, senza un particolare obiettivo. Lo pubblicai su TikTok e poi me ne scordai completamente. Quando, dopo una settimana, riaprii l’applicazione per mostrarla alla fidanzata di Vanni, mi ritrovai sommersa di commenti».

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In quel momento Lucia stava attraversando una fase particolare della sua vita: «Nessuno me l’ha diagnosticata ufficialmente, perché non sono mai riuscita ad andare in terapia, ma credo di aver sofferto di depressione. Non riuscivo ad alzarmi dal letto, non ho avuto le mestruazioni per un anno perché non mangiavo. Girare video, all’inizio, è stato per me un modo di motivarmi: grazie ai social mi imponevo di fare qualcosa, avevo un obiettivo». La scelta del suo nome virtuale non è stata casuale: «Sui social, generalmente, vengono fatti due tipi di narrazione. Ci sono quelli che mostrano trucchi e vestiti costosi, o viaggi all’estero. E, a volte, c’è l’estremo opposto: vengono mostrate persone senza denti, che vivono per strada. Inquadrati dai creator che si riprendono mentre danno loro l’elemosina o fanno loro dei regali».

Un’altra realtà

In questo panorama, la sua è stata la terza opzione: «Mostro la spesa fatta al discount, i fornelli rovinati. Una realtà diversa, l’unica che ho, quella che vivono in tanti ma di cui si vergognano. Io provo a raccontarla con ironia». Non c’è infatti vittimismo, nei suoi contenuti. Di solito si mostra allegra, raccontando episodi della sua vita mentre cucina o si prepara per uscire. Oggi è seguita da quasi 43mila utenti, molto affezionati: «Secondo me sono stati attratti dal fatto che si percepisce che sono autentica, che le situazioni che racconto le ho vissute davvero. Poi bisogna dire che cerco sempre di essere molto gentile, non mi arrabbio mai, non uso parolacce e non ho mai risposto male agli haters», si giustifica Lucia. All’inizio, aveva paura a mostrare la sua vera voce (che distorceva attraverso gli effetti) ed il suo viso: «Sono piena di piercing, di tatuaggi. Avevo tanta paura dei pregiudizi, perché è una vita che mi perseguitano. Non credo che se mi fossi mostrata così sui social avrei avuto questa fiducia: si sono prima interessati a me per com’ero, dentro». Ma quando l’hanno fatto, non se ne sono andati. E stanno dimostrando il loro affetto soprattutto in questo periodo, dopo che Lucia e Vanni sono stati costretti ad abbandonare l’ex Caserma Rossani.

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Lo sgombero

Il luogo è stato chiuso e abbandonato da oltre trent’anni, prima che iniziasse il progetto di riqualificazione che adesso punta ad accogliere non solo un grande parco urbano di fronte alla stazione centrale di Bari, ma anche l’accademia delle Belle arti e il polo bibliotecario regionale con la mediateca regionale. «Ci aspettavamo lo sgombero, avremmo solo voluto un preavviso». Invece, prosegue, è stato tutto rapido e inatteso: «Una mattina abbiamo trovato le forze dell’ordine davanti alla porta. Abbiamo raccolto tre anni e mezzo di vita in quattro buste, che abbiamo dovuto preparare davanti a loro». Adesso si sono rifugiati, per un po’, dalla madre di Vanni. Nelle difficoltà, i social stanno mostrando di saper fare anche cose buone: «I follower mi volevano mandare pacchi e regali da tempo, ma ho accettato solo dopo che ho perso tutto. Ho aperto una whishlist su Amazon, ma non chiedo niente: solo chi se la sente può mandarmi qualcosa». E a sentirsela, sembra, non sono stati in pochi: «Mi hanno mandato cibo, per me e per i miei gatti. Ma anche utensili, detersivi, shampoo. Ho avuto più regali da persone sconosciute che dai miei familiari a Natale in tutta la mia vita. Non mi sarei mai aspettata tutto questo amore, ho pianto di felicità». Adesso ha iniziato a lavorare come donna delle pulizie, vuole prendere il diploma e a settembre iniziare un corso per diventare Oss: ne ha trovato uno che la Regione mette a disposizione gratuitamente. L’umore fatica a mantenersi alto: «Sento di aver fallito, di aver perso tutto per la seconda volta, dopo che mi era già successo con il Covid». Tuttavia, la sua rete di supporto virtuale l’ha aiutata «a non demoralizzarsi». La descrizione del suo profilo su TikTok non è cambiata: «Siamo stati sfortunati, crediamo in un futuro migliore».

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