Taglio del cuneo fiscale: quanti soldi in busta paga con il decreto primo maggio e perché dura fino a novembre
Il decreto primo maggio del governo Meloni porterà fino a 100 euro in più nelle tasche dei lavoratori. Ma soltanto da luglio a dicembre. Poi dovrà essere rifinanziato. Il taglio del cuneo fiscale e contributivo per cinque mesi (e non più otto come nell’ipotesi iniziale) aumenterà di altri quattro punti. Per i periodi di paga dal primo luglio 2023 al 30 novembre 2023 la misura dell’esonero salirà dagli attuali due punti a sei punti per i redditi fino a 35 mila euro e dagli attuali tre a sette punti per i redditi fino a 25 mila euro. I cento euro in più in busta paga sono il combinato disposto di due tagli delle tasse sul lavoro. Finora i redditi fino a 25 mila euro lordi hanno ricevuto un beneficio medio di 41,25 euro mensili dagli interventi del governo Draghi e dell’esecutivo Meloni.
La busta paga
Con lo sconto di altri quattro punti percentuali in busta paga si aggiungerebbero quindi 54,87 euro, per un totale di 96,03 euro al mese. Il taglio però varrà appunto per cinque mesi. La misura è prevista dall’ultima bozza del decreto lavoro all’articolo 34. 4,1 miliardi di euro è lo stanziamento. Per i redditi più bassi lo sgravio contributivo passa dal 3 al 7%. Per gli stipendi fino a 35 mila euro invece il vantaggio sale fino al 6%. I lavoratori dipendenti avranno 98 euro in più in busta paga. Il beneficio attuale è di 32 euro mensili. A dicembre si tornerà al taglio del cuneo del governo Draghi mentre i lavoratori beneficeranno della tredicesima. Nel 2024 replicare la misura costerà tra i 12 e i 13 miliardi. In alternativa si tornerà ai vecchi emolumenti. Il governo ha intanto promesso la riforma dell’Irpef. I tagli delle tasse nella busta paga dei lavoratori si confermano così lo strumento preferito di politica fiscale da governo a governo.
Gli altri tagli
Nel 2022 la legge di bilancio aveva introdotto l’esonero di 0,8 punti percentuali per chi guadagnava 35 mila euro annui (ovvero aveva una retribuzione lorda su base mensile di 2.692 euro. Il decreto Aiuti Bis di Draghi ha poi destinato altri 1,7 miliardi allo sgravio nel secondo semestre dell’anno. Aumentando di altri due punti percentuali il taglio. Quello attualmente in vigore è stato introdotto con la legge di bilancio 2023. Lo sgravio è attualmente fissato al livello di 2 punti percentuali per i redditi inferiori al limite retributivo mensile di 2.692 euro (circa 35 mila annui). Mentre si trova a 3 punti per quelli inferiori al limite mensile di 1.923 euro (circa 25 mila annui). Il consiglio dei ministri convocato per oggi, primo maggio, può quindi chiudere una partita di sgravi fino al 2024. Quando potrebbe vedere finalmente il varo la riforma degli scaglioni e delle aliquote. Altrimenti il governo si troverà a dover rifinanziare il taglio.
Fringe Benefits: tremila euro ai lavoratori con figli
C’è poi un’altra novità che riguarda la categoria. Per i lavoratori con figli i fringe benefit dell’azienda potranno arrivare a 3 mila euro. Sale infatti a 3 mila euro il limite del fringe benefit non tassabile. I fringe benefits sono quei contributi assegnati ai dipendenti ed erogati in forme diverse dal denaro che però compaiono nelle buste paga. La novità arriva su proposta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ed è destinata solo ai dipendenti con figli a carico. L’articolo «Misure fiscali per il welfare aziendale» contenuto in una bozza del decreto Lavoro stabilisce che «limitatamente al periodo d’imposta 2023, in deroga a quanto previsto» dal Testo unico delle imposte sui redditi «non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli a carico, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 3.000».
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