Roberto Saviano e il governo: «Ha paura di perdere i voti fascisti. Rimpiango Berlusconi»
Lo scrittore Roberto Saviano ha vinto una causa per diffamazione che lo contrapponeva al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Aveva definito su Twitter l’allora direttore del Tg2 «un galoppino di Cosentino». Il tribunale di Roma ha respinto la richiesta di risarcimento danni sostenendo che quella dello scrittore fosse una critica aspra ma consentita. Oggi Saviano in un’intervista a La Stampa torna all’attacco del governo Meloni. È contento sì, del verdetto. Ma non troppo: «Al di là della sentenza a me favorevole, dobbiamo chiederci qual è il prezzo pagato da chi muove critiche forti al potere. Un prezzo pagato non solo in tribunale, dove quasi un intero governo mi ha portato. Bisogna considerare i tanti spazi che vengono tolti non solo a chi muove queste critiche ma anche a chi gli sta intorno. Di fronte alla critica questa destra crea il deserto».
La Lega
Saviano fa l’esempio della Lega e del Festival dell’Economia di Trento: «Appena è andata al potere lo ha chiuso. Le associazioni che ti invitano e le trasmissioni che ti ospitano diventano automaticamente nemici». Per il giornalista «l’Italia si sta avvicinando sempre di più alla Polonia, all’Ungheria di Orban, alla Serbia. Si sta balcanizzando. In Francia c’è preoccupazione. Come negli Stati Uniti dove il rapporto tra intellettuali, giornalismo e potere è molto diverso. Trump escluso ovviamente. Da noi gli intellettuali critici si sentono sempre più soli». Invece per la vignetta su Lollobrigida e Arianna Meloni Saviano dice: «Difendo il diritto alla satira: quella vignetta aveva tutto il diritto di essere fatta e pubblicata ma non la ho condivisa. La satira va rivolta su chi ha potere ma dal basso verso l’alto e non lateralmente. Sui parenti è meno impattante. E poi ha fatto un favore alla destra. Ha distratto l’attenzione dalla frase gravissima, squallida di Lollobrigida sulla sostituzione etnica».
Il rimpianto Berlusconi
Saviano dice anche che rimpiange Berlusconi: «Lui voleva convincere e andava anche in luoghi avversi per conquistare. Meloni no, vive nella sua bolla. La tendenza del governo ora è parlare solo alla sua parte, tipico gioco populista». E sul fascismo spiega: «La destra ha un paura terribile di perdere l’elettorato più attivo che si sente in continuità con la storia fascista. Il tentativo è evidente: vogliono poter dichiarare la Repubblica italiana afascista e non antifascista quale è. La questione fascista, strumentalmente, è considerata storica e quindi chiusa. Ma sanno che da Salò, dal Movimento sociale non possono separarsi perché perderebbero consensi. Per questo La Russa più di tutti, ma anche Meloni, non riesce, non può riconoscere il ruolo dell’antifascismo».
Leggi anche:
- Roberto Saviano: «La tragedia di Cutro è una conseguenza delle promesse di Meloni, Salvini e Piantedosi»
- Roberto Saviano debutta alla regia, i primi dettagli sul film d’animazione “Sono ancora vivo”
- Saviano-Salvini, veleno dopo il naufragio: «Le ong avrebbero evitato la tragedia». «Non spendi una parola contro i trafficanti»