Fece a pezzi i genitori dell’ex e li mise in 4 valigie: Elona Kalesha condannata a 30 anni
Trent’anni di reclusione. È la pena comminata dalla Corte di Assise di Firenze a Elona Kalesha, la 39enne di origine albanese accusata di aver ucciso i genitori dell’ex fidanzato, Teuta e Sphetim Pasho, scomparsi nel 2015 e ritrovati all’interno di quattro valigie in un campo alla periferia della città nel mese di dicembre del 2020. Nel processo svoltosi nell’aula bunker di Firenze, i giudici hanno condannato la donna per duplice omicidio volontario e anche riqualificando il reato di vilipendio di cadavere nella fattispecie più grave di distruzione di cadavere. Presente alla sentenza anche il figlio della coppia che è rimasto in silenzio: «Non è tempo di parlare», ha soltanto detto Taulant Pasha. Inoltre, per la sentenza Kalesha dovrà risarcire i figli delle vittime e il fratello di Shpetim Pasho, che si erano costituiti parte civile con gli avvocati Filippo Viggiano, Cristina Masetti, Eleonora Rossi, Elisa Baldocci. Stabilita anche una provvisionale immediatamente esecutiva di 800.000 euro ai familiari delle vittime e di 5.000 euro all’Associazione Penelope Italia. «Già nel corso delle indagini – dicono gli avvocati Masetti e Rossi – erano emersi precisi indizi a carico della signora Kalesha a partire dalle dichiarazioni che rilasciò nel novembre 2015 quando i carabinieri indagavavano sulla scomparsa dei coniugi Pasho. In aula, poi importante si è rivelata la testimonianza della proprietaria dell’appartamento di via Fontana a Firenze», hanno concluso. La svolta nelle indagini era arrivata il 22 dicembre 2020 con il fermo della 39enne, convivente di Taulant Pasho, il figlio della coppia uccisa cinque anni prima e i cui corpi smembrati erano stati ritrovati in quattro valigie boscaglia vicino al carcere di Sollicciano, lungo la superstrada Firenze-Pisa-Livorno. Gli avvocati di Kalesha hanno fatto sapere che la loro assistita «non si aspettava questa sentenza». «Leggeremo le motivazioni per capire come ha ragionato la corte in questo processo indiziario», hanno commentano gli avvocati Federico Febbo e Antonio D’Orzi.
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