Milano, cresce la protesta degli studenti contro il caro affitti ma l’intervento del Comune (e del Mur) si fa attendere – L’inchiesta
«Milano non è una città inclusiva per gli studenti». In tantissimi fuori dalle università del capoluogo lombardo lamentano affitti troppo alti, abitazioni in condizioni precarie e scarsi aiuti pubblici. Una «giungla», così la definiscono i giovani fuorisede che studiano in città e che in questi giorni stanno dando il loro supporto a Ilaria Lumera, la studentessa 22enne di ingegneria ambientale che si è accampata con una tenda davanti al Politecnico per protestare contro gli affitti insostenibili della città. A sostenerla c’è la rettrice del Polimi, Donatella Sciuto, che si è schierata senza se e senza ma con le sue istanze. «Milano è una città per ricchi e anziani», ha denunciato, sottolineando che «deve fare l’università chi ha voglia di studiare e non solo chi se lo può permettere».
Meglio pendolari? Quanto costa vivere a Milano
Dai 600 ai 1000 euro. È questo il range di prezzo a cui si va incontro se si cerca una stanza in affitto nel milanese. A fronte di una media italiana di 439 euro, a Milano il costo medio per una camera singola è di 620 euro al mese. Un dato che nel 2022 ha subito un aumento del 20% rispetto al 2021. I costi variano da zona a zona. Più le abitazioni sono vicine ai centri storici o alle università e più l’asticella si alza. Ma anche in periferia non si scherza. E così in molti arrivano a rinunciare all’idea di vivere in città e optare per il pendolarismo. Accettando tutti i disagi che conseguono a tale scelta. «Ho cercato casa, ma ho trovato solo affitti di monolocali da pochi metri quadri e a prezzi esorbitanti», racconta a Open Ivan Zeduri, 25 anni, studente presso l’Accademia di Belle Arti Europea dei Media di Milano e residente in un piccolo paesino della provincia di Varese. «Così ho deciso di fare il pendolare facendomi 1 ora e mezza di andata e altrettanto di ritorno, spendendo 110 euro di abbonamento perché la mia famiglia non si può permettere 700 euro al mese per un affitto», prosegue. E puntualizza: «Oltre alle spese per vivere, tra cui bollette, spesa, libri e costi universitari».
Così il Comune tenta di rispondere all’emergenza, ma senza riuscirci
Se da un lato i fuorisede inseguono la chimera di un posto letto a un prezzo accessibile, un'(apparente) spiraglio di luce sono gli studentati. Stando ai dati che il comune di Milano riferisce a Open, i posti letto attivi nelle residenze universitarie ammontano a 11.535. Numeri destinati ad aumentare, considerando che altri 8.723 sono in previsione e 6.097 sono in costruzione. Un esempio di questi ultimi è il villaggio olimpico allo Scalo Romana, l’intervento più importante di housing sociale per studenti. In costruzione per gli atleti delle Olimpiadi 2026, al termine delle stesse sarà destinato a diventare uno studentato con 1.600 posti letto. Tutti questi sforzi, al momento, restano irrisori a fronte della domanda del mercato immobiliare milanese, iper dopata dall’ingente presenza di professionisti e studenti. Milano è, infatti, la metropoli con il maggior numero di studenti universitari in Italia (210mila).
Record di fuorisede
Stando alle stime riferite al Forum dell’Abitare dal rettore dell’università Statale, Elio Franzini, con «126mila» giovani non residenti nella provincia di Milano, il capoluogo lombardo si aggiudica anche il primato italiano di fuorisede iscritti. Un numero spropositato se si evidenzia che le università riescono a sopperire solo circa al 5% dei posti letto necessari. La protesta di Ilaria ha riacceso i riflettori dell’opinione pubblica su questo quadro altamente instabile, attirando anche l’attenzione delle istituzioni. La 22enne è stata raggiunta dal sindaco Beppe Sala, l’assessore alla Casa Pierfrancesco Maran, il dem Pierfrancesco Majorino, la segretaria del Pd Elly Schlein e l’assessore alla Casa della Regione Paolo Franco. Tutto quello che è riuscita a ottenere è l’invito a un tavolo di confronto sul tema degli affitti, previsto per la prossima settimana.
Il paradosso degli idonei non beneficiari
Gli studentati quindi ci sono, ma risultano essere un numero inadeguato rispetto alla necessità. Aspetto che emerge con chiarezza dal paradosso degli idonei non beneficiari, noto tra gli studenti che tentano disperatamente di accedere a una stanza prevista dal programma Dsu (Diritto allo Studio Universitario). Si tratta di coloro a cui vengono riconosciuti i requisiti necessari dal bando di concorso, ma che non ottengono l’accesso ai servizi previsti perché i fondi non sono sufficienti. Per fare un esempio, alla Statale di Milano sono 2.900 gli studenti con reddito basso a cui è stata riconosciuta l’idoneità per accedere ai benefici Dsu. Di questi, l’università è riuscita a garantire il servizio solo a 1.055. Ne consegue che il restante si è dovuto affacciare al mercato immobiliare della città.
Il resto d’Italia: dagli aiuti del Pnrr alla promessa del Mur
Milano, seppur coinvolta in modo accentuato, non è l’unica città italiana a concorrere all’emergenza abitativa degli studenti universitari. Per questo il tema delle politiche abitative è finito anche nella lente dell’Unione europea, che ha tentato di venire in aiuto con i fondi del Pnrr. Quest’ultimo destina 960 milioni di euro per la creazione di 60mila nuovi posti letto entro il 30 giugno 2026. Finanziamenti che prevedono l’obbligo, per chi accederà a tali risorse, di applicare una tariffa calmierata rispetto ai prezzi medi dell’attuale mercato immobiliare. E a livello nazionale? Qualcosa si muove. Seppur lentamente. Scoppiata la protesta della 22enne del Polimi, la risposta del Ministero dell’Università e della Ricerca non si è fatta attendere. Il Mur, con un comunicato stampa, ha annunciato che tra le misure previste per potenziare il numero dei posti letto per gli studenti universitari, c’è – nella Legge di Bilancio 2023 – un rifinanziamento del Fondo della legge 338 di 400 milioni in più in tre anni. Risorse che, stima il ministero, sommate a quelle ordinarie potranno permettere di realizzare circa 14mila posti letto in più per gli studenti. Oltre allo stanziamento di altri 500 milioni di euro, in due anni, per aumentare il numero e l’importo delle borse di studio. Basteranno? Presto per dirlo, ma di sicuro l’intervento delle istituzioni rappresenta il segnale che non si può più fare finta di niente.
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