Fratelli d’Italia dà il benservito a Fuortes: «Sua gestione fallimentare, ora subito un nuovo Ad per rilanciare la Rai»
È senz’appello il commiato che il partito della premier Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, riserva all’ormai ex Ad della Rai Carlo Fuortes, che questa mattina ha rassegnato le dimissioni dall’incarico, anticipando la sua probabile sostituzione da parte dell’esecutivo. «Prendiamo atto delle dimissioni dell’Ad della Rai; la situazione tutt’altro che florida della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo è nota
ormai da mesi e non preoccupa solo noi», si legge in una nota diramata dai membri FdI della commissione di Vigilanza sulla Rai, secondo i quali «la scelta di Fuortes di dimettersi, al di là di ricostruzioni fantasmagoriche di alcuni organi di stampa, è determinata dalla presa di consapevolezza di queste difficoltà». Un benservito senza fronzoli, condito di tutti i dettagli su ciò che sotto la gestione-Fuortes non ha funzionato.
«Ricordiamo che l’azienda attende un piano industriale da oltre un anno e mezzo; che per tale ragione il rinnovo del contratto di servizio, scaduto nel 2021, è fermo; che il budget 2023 è stato approvato col voto di minoranza di 3 consiglieri su 7, tra i quali lo stesso Ad; che il bilancio 2022 è stato chiuso con un preoccupante indebitamento; che la crisi di ascolti aggregati della Rai è ormai un tema di riflessione circa la produzione dei contenuti; che sull’azienda pendono istruttorie per violazioni delle norme sulla pubblicità; che la crisi è ulteriormente palesata dal fatto che le sei sigle sindacali che rappresentano i lavoratori della Rai hanno dichiarato prima lo stato di agitazione poi lo sciopero generale, indetto per il prossimo 26 di maggio; che detto sciopero è stato appoggiato persino dall’associazione dei dirigenti dell’azienda, tanta è la preoccupazione dei lavoratori per il futuro della tv pubblica».
Conclusione del ragionamento, e della parabola di Fuortes: «Auspichiamo ora che il governo individui immediatamente il nuovo Ad della Rai per poter finalmente rilanciare la funzione centrale del servizio pubblico, del suo ruolo di reale pluralismo e di difesa dell’industria culturale nazionale».
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