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Renzi sta con Meloni sulle riforme: «Il Pd ha paura del voto popolare, mai più Conte premier»

09 Maggio 2023 - 04:30 Redazione
matteo renzi giorgia meloni riforme
matteo renzi giorgia meloni riforme
Il leader di Iv apre al premierato di FdI. E dice che con il Quirinale non ci saranno problemi

Matteo Renzi ci sta. Sulla riforma del premierato vuole collaborare con Giorgia Meloni. E promette correttezza istituzionale. Al contrario di quello che fece la destra con lui. L’apertura del leader di Italia Viva arriva all’indomani dell’uscita della premier, che ha promesso che farà le riforme «anche senza Schlein e Conte». E proprio mentre il Pd pensa a una controproposta sul presidenzialismo che guarda alla Germania. «Io dico alla Meloni: vai avanti, noi sul premierato ci stiamo anche se non ci stanno gli altri e saremo corretti con voi a differenza di quanto fece la destra con le nostre riforme», dice Renzi in un’intervista a La Stampa. Nella quale dice che il “sindaco d’Italia” e il superamento del bicameralismo «non delegittimano assolutamente il presidente della Repubblica».

Il presidenzialismo e il premierato

Sulle riforme la maggioranza è a un bivio. C’è chi punta all’approvazione di un testo a colpi di maggioranza. E chi invece vorrebbe raggiungere un accordo ampio. Vedendo chiari i possibili rischi politici di un muro contro muro sulla Carta. I fautori della prova di forza sono convinti di poter vincere a mani basse il referendum confermativo. I sostenitori della prudenza, memori dell’esperienza vissuta proprio da Renzi, sembrano più pessimisti. E temono che una sconfitta al referendum possa rappresentare uno scoglio contro cui potrebbe infrangersi il governo e la maggioranza che lo sostiene. Nel colloquio con Carlo Bertini il leader di Iv offre una sponda: «La democrazia è in crisi, ovunque. Se non stabiliamo un rapporto diretto tra cittadino e politico, continuiamo ad allargare il gap di rappresentanza. Pensi a Conte: prima di essere nominato premier, non aveva mai fatto neanche il consigliere di facoltà».

L’apertura di Renzi

L’ex premier ricorda il ruolo dell’Avvocato del Popolo nei governi della scorsa legislatura: «Però il sistema gli ha permesso di guidare il Paese in uno dei momenti più importanti della storia repubblicana. Io che pure ho fatto primarie su primarie, sono stato eletto presidente della provincia e poi sindaco, avevo avuto il voto di milioni di persone e sono entrato a Palazzo Chigi da non parlamentare. Bisogna far sì che il capo del governo sia scelto dai cittadini». E Renzi respinge anche l’idea che così Iv faccia da foglia di fico al governo: «La dico in modo chiaro: non faremo alla destra ciò che la destra ha fatto a me. Allora, pur di mandarmi a casa fecero saltare riforme che servivano al Paese. Dico a Giorgia Meloni: se sei seria e fai riforme serie, sulle riforme costituzionali noi ci siamo, anche se non ci stanno gli altri. Essere riformisti non è uno slogan, è una vocazione».

I poteri del Quirinale

Mentre sulla possibilità di indebolire Sergio Mattarella Renzi è caustico: «La verità è che oggi i poteri del Quirinale sulla carta sono infiniti. Se lei studia i cavilli, scopre che viviamo già in una situazione di semipresidenzialismo potenziale. La controfirma è un obbligo costituzionale praticamente su tutto. Ricordo con affetto Giorgio Napolitano che mi diceva come l’unico atto che il premier non dovesse controfirmare fossero le dimissioni del presidente della Repubblica. Mentre il Quirinale controfirma anche le dimissioni del capo del governo. Nominare e revocare i ministri è il minimo sindacale di qualsiasi riforma».

Le riforme e il Pd

Al di là delle tesi della premier, nella maggioranza emergono evidenti forti differenze tra falchi e colombe. Una spaccatura non tanto sul modello da adottare, quanto sulla strategia da intraprendere per raggiungere il risultato finale. Ma Renzi sulla controproposta del Pd risponde così: «Questa idea che il capo del governo debba non essere eletto denota una sfiducia nei confronti degli elettori che rafforza chi non crede più nella democrazia. Se sei democratico, dai fiducia al voto popolare. Se hai paura del voto della gente, va bene ma non sei democratico».

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