Gianni Vattimo e la condanna di Caminada, i giudici: «Una relazione tossica, ha approfittato della vulnerabilità del filosofo»
«Ricatti sentimentali», «Relazione tossica», «Dipendenza e sudditanza psicologica». È piuttosto netto il giudizio che emerge dalle motivazioni della sentenza che lo scorso 6 febbraio ha condannato il 38enne Simone Caminada a due anni di reclusione per il reato di circonvenzione di incapace. L’uomo è accusato di aver approfittato della scarsa lucidità di Gianni Vattimo, 87 anni e filosofo di fama mondiale, per procurarsi un vantaggio economico personale. Nelle motivazioni della sentenza, raccontate oggi sulle pagine de La Stampa, la giudice Federica Fallone parla di «relazione tossica», in cui Caminada «approfitta sfrontatamente» della «vulnerabilità» di Vattimo.
Una figura a cui affidarsi
L’anziano filosofo, d’altro canto, vede nel 38enne «una figura a cui affidarsi completamente, il suo alter ego in tutto e per tutto». Nel corso degli ultimi anni, Caminada ha convinto Vattimo a separarsi dalla moglie. E, se non fosse intervenuta la procura, i due avrebbero voluto sposarsi. Fallone parla di un rapporto di «totale sudditanza psicologica», che nel corso del tempo ha convinto l’87enne a sostenere «anche le tesi più illogiche». Qualche esempio? Effettuare continui bonifici sul conto corrente di Caminada e di sua madre, dargli la delega sulla cassetta di sicurezza e renderlo beneficiario del 70% di una polizza a vita, nominandolo erede universale.
La «doccia scozzese»
I due pm Dionigi Tibone e Giulia Rizzo hanno chiesto per Vattimo la nomina di un amministratore di sostegno, che lo aiuti a gestire i beni patrimoniali. Una figura di questo genere gli era già stata affidata nel 2019, salvo essere revocata due anni più tardi al termine di una serie di ricorsi giudiziari. Nelle motivazioni della sentenza, la giudice sottolinea anche la sfrontatezza di Caminada. Che nella relazione con Vattimo avrebbe alternato, «come una sorta di doccia scozzese», momenti di affetto ad altri di freddezza. Non solo: anche dopo la condanna, il 38enne «ha chiaramente dimostrato di non avere alcuna intenzione di allontanarsi dalla persona offesa».
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