Emanuela Orlandi, perché la lettera dell’arcivescovo di Canterbury è un falso: «Un fotomontaggio»
Non solo l’inglese torturato e gli errori nell’intestazione. C’è un altro elemento nel caso della presunta lettera dell’arcivescovo di Canterbury su Emanuela Orlandi che ci dà la certezza della falsità della missiva. Ovvero la firma di George Cantuar, al secolo Carey. Che è stata ricavata da un altro documento disponibile in rete. E poi apposta sulla missiva scritta in inglese maccheronico e indirizzata al cardinale Ugo Poletti. Il tutto fornisce la certezza che la lettera consegnata da Pietro Orlandi al promotore di giustizia Alessandro Diddi è frutto di un depistaggio. Effettuato molto probabilmente anche con l’intenzione di legittimare a posteriori la famigerata “nota spese” del Vaticano sul caso. Ovvero una delle tante (e fragili) piste religiose sulla vicenda.
L’analisi grafologica
A spiegare a Open che la firma è un falso è Sara Cordella, grafologa forense, specializzata in grafologia criminologica, iscritta all’albo dei periti del Tribunale di Venezia e docente. L’esperta segnala che in un articolo di Christian Today che risale al 2016 e che parla degli abusi sessuali nella Chiesa d’Inghilterra c’è una firma di Carey come arcivescovo di Canterbury. Carey scriveva al pubblico ministero che aveva sollevato un’accusa di abusi sessuali nei confronti dell’ex vescovo di Gloucester Peter Ball. «Anche a una prima valutazione “ad occhio” si vede che le due firme sono perfettamente sovrapponibili. E questa è la lezione numero 1 di metodologia grafologica penale: non possono esistere due firme identiche. Se sono uguali, una delle due è un falso».
«Io lo definirei tecnicamente come un falso per fotomontaggio», assicura la grafologa. Che poi spiega di aver anche notato altro. In un dettaglio che si trova in entrambe le firme è presente quella che in gergo tecnico si chiama “intozzatura”. «È un “rilascio” di nero, frutto di uno spasmo pressorio», aggiunge Cordella. «Si ritrova in entrambe le firme, si vede ad occhio nudo, ed è semplicemente impossibile che si verifichi per due volte in maniera identica allo stesso modo».
“Yours sincerely”
Per Cordella è anche perfettamente sovrapponibile la scritta “Yours sincerely” che precede la croce e la firma. «Anche se dovrei avere immagini più nitide per una perfetta sovrapposizione», sostiene. Ma anche così non c’è dubbio. L’indirizzo della lettera è quello citato nel documento di cinque fogli: Clapham Road 170. Ecco perché Carey, interpellato sulla lettera e sulla piccola croce prima del nome e cognome come da abitudine anglicana, aveva detto che era autentica.
Appurato quindi che si tratta di una prova falsa, come del resto anche Diddi aveva subito detto, rimane da capire in che modo questa sia arrivata a Pietro Orlandi e chi ci sia dietro. Perché è evidente che l’intenzione di avvalorare la “pista inglese” e soprattutto la “nota spese” del Vaticano è un modo per depistare e indirizzare eventuali indagini.
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