Il 94enne che ha salvato una donna da uno stupro a Milano: «Ho usato una scacciacani, per fortuna non se ne è accorto»
Ieri a Milano un uomo di 23 anni originario del Gambia è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale. Poco dopo le 18 la donna, dopo essere rientrata in casa nella sua abitazione nei pressi di via Washington, nella zona Ovest del capoluogo lombardo, è stata assalita dal 23enne che l’ha costretta a farlo entrare in casa. Ma un vicino di 94 anni ha sentito le urla ed è intervenuto con una pistola scacciacani. L’uomo, che si chiama Bruno, ha tenuto la pistola puntata sull’aggressore fino all’arrivo delle forze dell’ordine. E oggi in un’intervista al Corriere della Sera spiega cosa è successo: «Ho sentito gridare la signora, sono uscito e l’ho vista seduta per terra sul pianerottolo vicino alla porta, disperata, con la faccia insanguinata che ripeteva “È ancora dentro, è ancora dentro”. Mentre arrivavano altri inquilini, la signora diceva che un uomo l’aveva seguita, era entrato in casa dietro di lei e l’aveva malmenata. Stava ancora dentro, ma nessuno aveva il coraggio di fare qualcosa, di entrare».
La pistola
A quel punto è andato a prendere la pistola: «È una scacciacani innocua che però sembra proprio vera (la mostra, ha il regolare tappo rosso sulla canna, ndr.). È tutta di metallo, pesa un chilo, un chilo e mezzo, se gliela do in testa è peggio di una pallottola vera». Dice che l’aggressore non si è accorto che la pistola fosse finta: «Gli ho puntato la pistola contro e si è messo paura. A me sembrava drogato. Cercava di farmi capire che non comprendeva l’italiano. L’ho fatto uscire e l’ho tenuto in piedi in corridoio». Finché non sono arrivati i carabinieri, che gli hanno detto subito di metterla via: «Ho anche armi vere, sono un cacciatore. Ho un fucile da caccia calibro 20». Ma non l’ha usato perché «lo tengo in un armadietto chiuso, avrei dovuto prendere la chiave, aprire…». Poi spiega perché è intervenuto: « Per me la signora è come una sorella, ci conosciamo da tanti anni, i sui bambini mi chiamano nonno. Qualcosa bisognava fare».
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