Caso Yara Gambirasio, l’ok della Cassazione al riesame delle prove contro Bossetti. Perché potrebbe riaprire il processo
I legali di Massimo Bossetti, all’ergastolo con condanna definitiva dal 2018 per l’omicidio dell’allora 13enne Yara Gambirasio, potranno esaminare nuovamente i reperti del caso. La prima sezione della Corte di Cassazione, infatti, ha accolto il ricorso degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini annullando l’ordinanza della Corte d’Assise di Bergamo, che lo scorso 21 novembre negato l’accesso ai reperti confiscati, tra cui 54 campioni di Dna rinvenuti sugli indumenti della ragazzina uccisa nel novembre del 2010. Sarebbe la prima volta dall’apertura del caso che la difesa visiona i reperti. Gli avvocati sperano così di poter effettuare una richiesta di revisione del processo. Dopo la ricognizione, infatti, se verrà fatta richiesta, la Corte d’Assise dovrà esprimersi circa la possibilità e l’utilità pratica di nuovi accertamenti tecnici.
«Dimostreremo che Bossetti è innocente»
Non posso che essere molto soddisfatto, ha dichiarato Salvagni citato da Quotidiano Nazionale. Aggiungendo: «A questo punto la difesa può finalmente iniziare un percorso per dimostrare che quel Dna di Ignoto 1 non appartiene a Massimo Bossetti». Si tratta del risultato di una serie di richieste presentate dalla difesa a partire dal 2019, quando i difensori di Bossetti avevano chiesto di vedere, oltre alle provette con 54 campioni di Dna, anche gli slip, i leggings, la biancheria, le scarpe e tutto quello quello che Yara indossava il 26 novembre del 2010 e sui sono state trovate o si potrebbero trovare tracce biologiche dell’assassino. La prima decisione del tribunale di Bergamo consentiva alla difesa una ricognizione non invasiva, senza contatto con i reperti, alla presenza della polizia giudiziaria. Il blocco era arrivato alla richiesta di tempi e modalità presentata dagli avvocati di Bossetti.