Voto fuorisede, scontro tra maggioranza e opposizione sull’iter. Ma il rischio è che l’ok non arrivi in tempo per le Europee
Una manovra simile la maggioranza l’aveva fatta in commissione Giustizia, sempre a Montecitorio, approvando degli emendamenti che andavano a modificare il disegno di legge sulle detenute madri presentato dal Partito democratico. I Dem, lo scorso marzo, decisero di ritirare le proprie firme, facendo decadere il provvedimento, poiché gli interventi dei deputati di centrodestra stravolgevano la natura della proposta. Adesso, è in commissione Affari costituzionali che il blitz della maggioranza è andato a incidere su un altro progetto di legge presentato dall’opposizione. A prima firma della deputata Pd Marianna Madia, il testo prevede nuove regole per consentire l’esercizio di voto ai cosiddetti fuorisede: studenti o lavoratori precari che, per un periodo transitorio, si trovano lontani dalla propria residenza e che, per esercitare il diritto di voto, devono farvi appositamente ritorno.
Cos’è il voto anticipato presidiato
La proposta dà modo a chi si trova in una città diversa dalla propria – per motivi di studio, lavoro o cura – di votare nel Comune di domicilio per il referendum, poiché si tratta di una stessa scheda identica per tutto il territorio nazionale. Per le elezioni europee e politiche, invece, poiché il voto in un collegio diverso da quello di residenza altererebbe gli equilibri sulla rappresentanza del voto, il disegno di legge offre la possibilità, facendo richiesta anche tramite Spid, di votare nel Comune di domicilio una quindicina di giorni prima della data stabilita a livello nazionale. In sintesi, una sorta di voto anticipato presidiato, i cui seggi sarebbero allestiti nei tribunali, nelle prefetture o in altri luoghi istituzionali: le schede verrebbero poi spedite presso la sezione di residenza dell’elettore in tempo per essere conteggiata insieme alle altre.
«Il centrodestra ha scippato la nostra proposta»
Con un emendamento, tuttavia, il centrodestra sta cercando di sollevare il Parlamento dall’emanazione di una legge ordinaria per il voto dei fuorisede, affidando al governo il compito di legiferare sulla materia con una legge delega. Ed è intorno a questa procedura che oggi, 22 maggio, nell’Aula della Camera si è acceso il confronto tra maggioranza e opposizione. La paura del centrosinistra è che gli esponenti dei partiti del governo vogliano prendere tempo per non arrivare mai al varo definitivo di una legge che aiuterebbe a recuperare dall’astensionismo almeno una parte di quei 5 milioni di fuorisede italiani. Sintetizza il concetto Luana Zanella, capogruppo alla Camera di Alleanza verdi e sinistra: «Dopo aver scippato la nostra proposta sul voto dei fuorisede, la destra pretende una delega governativa senza nessun paletto temporale, come impone la Costituzione. Non era mai accaduto prima».
La delega dà al governo 18 mesi di tempo per attuare una legge, fuori tempo per le Europee del 2024
Oltre al timore che la legge non veda la luce in tempo per le Europee di giugno 2024, visto che la delega dà al governo 18 mesi di tempo per legiferare in tal senso, la critica mossa alla maggioranza è quella di depotenziare l’attività legislativa del Parlamento e dare più potere al governo. «Nel momento in cui avevamo chiesto che fosse affrontato in Parlamento questo tema, volevamo che il Parlamento votasse una legge per garantire il voto ai fuori sede. Attraverso questo gioco di rimandi, noi ci troviamo a dover chiedere al governo di avviare da zero un percorso di legge delega», dichiara in Aula il Dem Andrea Casu. Altro tema è quello della ritrosia già mostrata dal governo Meloni nei confronti di questa legge. Il capo dipartimento per gli Affari interni del Viminale, dicastero guidato da Matteo Piantedosi, ha già espresso parere contrario a tutte le proposte arrivate in commissione.
La posizione del governo
Alcune difficoltà tecniche sono oggettive, come la gestione dei seggi aperti anticipatamente nei Comuni per i non residenti, oppure le modalità di trasporto delle schede. La maggioranza accusa il centrosinistra di non aver specificato, nelle sue proposte, come materialmente sarà gestito il voto dei fuorisede. Lo spiega ai deputati Wanda Ferro, sottosegretaria all’Interno: «Non serve una legge che stabilisca soltanto un buon principio, ma serve una legge che funzioni». La delega, secondo il centrodestra, consentirebbe al governo di sviluppare un provvedimento preciso, senza dover poi aspettare i decreti attuativi per capire come organizzare davvero il voto dei fuorisede. L’esponente di Fratelli d’Italia, tuttavia, garantisce per l’esecutivo: «Ci vorrà il tempo che ci vorrà, ma è una norma che questo governo intende fare. Non intendiamo rubare nessuna democrazia e daremo la possibilità, con le regole che il Viminale insieme agli altri ministeri metteranno in campo, a chi è fuorisede di poter espletare il voto».
M5s: «Parlamento esautorato»
Le spiegazioni del centrodestra non convincono le opposizioni. «Rammarico per la miopia e il disinteresse dimostrati da governo e maggioranza verso un tema tanto importante come il voto dei fuorisede. In campagna elettorale ci eravamo impegnati tutti con le associazioni che portano avanti questa battaglia, oggi Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia voltano loro le spalle. Chi dal centrodestra parla di molti aspetti tecnici da superare finge di non sapere che un lavoro preparatorio è già stato fatto dalla commissione istituita nella scorsa legislatura dal ministro D’Incà», afferma Vittoria Baldino, del Movimento 5 stelle. «Un insieme di proposte di legge delle opposizioni, con un solo emendamento, si è trasformato in una delega in bianco al governo. È un’offesa non solo per le minoranze, ma per tutto il Parlamento, ancora una volta esautorato».
Pd: «Un insulto alle opposizioni e a una corretta dialettica democratica, ma anche ai ragazzi»
Di insulto parla anche la deputata del Pd Rachele Scarpa, tra le principali promotrici del diritto di voto per i fuorisede: «La decisione della maggioranza di trasformare in una delega in bianco al governo la proposta di legge Madia non è solo uno stop, ma è anche un insulto. Un insulto alle opposizioni e a una corretta dialettica democratica, ma anche ai ragazzi e alle ragazze che in questi anni si sono spesi in mobilitazioni e richieste forti. In questo senso non si capisce il motivo di dare una delega in bianco senza garanzie a un governo che si è già espresso con forti perplessità rispetto al voto fuorisede se non nel senso di affossare il provvedimento nei suoi punti principali». E conclude: «Quest’Aula si è vista sottratta con una forzatura la prerogativa di discutere del voto dei fuorisede nel merito della questione. L’emendamento presentato dal relatore di maggioranza al testo Madia di fatto, con un colpo di spugna, spazza via tutto l’articolato della legge. Consegna senza scadenze, senza vincoli, una delega in bianco al governo. Lo stesso governo che, attraverso il suo personale tecnico, ha detto chiaramente in audizione, che le difficoltà operative sul voto fuori sede sono pressoché insormontabili».
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