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Bersani e l’alluvione: «I giovani sono l’Emilia-Romagna che resiste, ora facciamo come con il terremoto»

23 Maggio 2023 - 04:33 Redazione
L'ex segreterio Pd e presidente della Regione: le accuse sulla prevenzione? Sciacalli e maramaldi

A Pierluigi Bersani l’alluvione in Emilia-Romagna lascia una sensazione di sbigottimento. L’ex segretario del Partito Democratico è stato anche presidente della Regione. Prima, era andato a spalare il fango a Firenze: «Ho il ricordo di un’esperienza di condivisione straordinaria, con un sacco di giovani». Anche oggi sono in campo in massa, dice in un’intervista a Il Resto del Carlino. «E mi auguro che anche a loro rimanga quello che è rimasto a me: un’esperienza eccezionale di solidarietà e anche di spirito di rinnovamento e di cambiamento, perché in quegli anni tirava quell’aria lì. E spero che gli rimanga quella voglia di essere solidali e di cambiare le cose. Perché mai come oggi su questi temi ambientali di cambiamento c’è molto bisogno».

Le accuse sulla prevenzione

Nel colloquio con Raffaele Marmo Bersani affronta anche le accuse sulla prevenzione: «Io credo che a chi fa il maramaldo o lo sciacallo su queste cose, bisogna dirgli: ’Senti mo’, mi dici se c’è un posto in casa tua o magari in giro per l’Italia o in Europa dove, con una pioggia che arriva in 36 ore e scarica quel che di solito arriva in sei mesi, non succederebbe un disastro?’ Insomma, ci vuole la consapevolezza che siamo fuori parametro rispetto a un cambiamento climatico enorme. Basta che pensi alla mia esperienza per rendermi conto». Bersani spiega che all’epoca della sua presidenza il problema era portare acqua alle colture della Romagna. Mentre a Parma e Piacenza davano l’acqua a Genova: «Da un po’ di anni dalle mie parti c’è la siccità e laggiù arrivano le alluvioni. Dobbiamo capire che sta avvenendo qualcosa di profondo. Dobbiamo porci in un’altra logica. Non pensiamo di fare quel che c’era prima».

Un grande piano di piccole opere

Per Bersani «ci vuole un grande piano di piccole opere. Io non ho niente contro l’idea del Ponte di Messina. Ma mi scandalizza che si pensi di spendere 14 miliardi per un ponte quando viene giù l’Appennino non solo da noi, ma in tutta Italia». E poi: «La Romagna è una terra con gente abbastanza organizzata al punto da invertirti il Canale emiliano-romagnolo, che è abbastanza generosa da fare come la cooperativa di braccianti che fa allagare i propri campi per evitare che l’acqua vada alle case, che è abbastanza creativa per cui un bagnino prende un pedalò per andare a salvare un anziano. Ebbene, quando hai questa gente e hai i sindaci che hai, allora devi fare attenzione perché tutto quello che dovrai fare non lo si faccia sopra la testa del territorio».

I sindaci

Ovvero, Bersani dice al governo che deve puntare sui sindaci. E sul modello post-terremoto della Regione: «È la via da seguire. È quella giusta. C’è tutto. Sulla governance, sulle procedure, su come dare i contributi. Con il terremoto ci sono state efficienza, trasparenza e legalità. Da Roma devono fare da sponda. Bisogna mobilitare le enormi risorse che quel territorio può esprimere». Infine, le risorse: «Noi abbiamo davanti una fase nella quale ci vorrà una barca di soldi. I governi servono a trovarli e questo li deve trovare e a me interessa poco che li prendano dal Pnrr o da altri fondi europei o rinunciando ad altri progetti o da un contributo di solidarietà degli italiani che hanno di più. Vanno trovati. E vanno spesi bene e perché questo avvenga non deve esserci un meccanismo a cascata: da Roma a Bologna e via di seguito. Bisogna animare dal basso la capacità di reazione dei cittadini: si facesse come si fece con il terremoto con crediti di imposta che fanno mettere in moto le persone, senza attendere altro».

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