Pestata dai vigili a Milano, il terrore di Bruna sulla denuncia: perché l’inchiesta rischia di fermarsi
Bruna, la donna transessuale presa a manganellate da quattro agenti della polizia municipale di Milano, avrà 90 giorni di tempo per sporgere denuncia. Nel caso in cui non dovesse farlo la procura sarà tenuta a chiudere l’indagine a causa dell’improcedibilità, secondo le regole della riforma Cartabia. In un’intervista a Repubblica, “Bruna” ha dichiarato di avere «ancora molta paura», dopo l’aggressione con calci, manganellate e l’uso dello spray al peperoncino, come si vede nel video e che ha portato all’apertura di un’interna della polizia locale milanese e una della procura. Secondo quanto previsto dalla riforma Cartabia, la donna transessuale senza fissa dimora deve essere ancora rintracciata e interrogata per nominare un avvocato difensore d’ufficio. Qualora questo non dovesse accadere, potrebbe invece intervenire il consolato brasiliano, che dovrebbe decidere se fornirle l’assistenza legale, essendo sprovvista di documentazione italiana. Nel frattempo proseguono le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dal procuratore Marcello Viola per definire le rispettive responsabilità e chi iscrivere nel registro degli indagati, continuando a raccogliere testimonianze delle persone che hanno assistito alla scena e altri elementi utili a ricostruire la vicenda.
La versione di Bruna
Nell’intervista a Repubblica, “Bruna” ha smentito la ricostruzione del sindacato Sulpi, secondo cui girava nei pressi del parco Trotter senza vestiti, infastidendo i passanti. La 41enne ha ammesso che era «molto agitata» a causa di una lite pregressa, di aver bevuto la sera precedente e di aver fumato uno spinello, ma di non aver compiuto atti osceni né di aver aggredito nessuno: «Non ho fatto nulla di male, non ho picchiato nessuno. Dalla rabbia mi sono morsa le braccia e mi sono fatta dei tagli». Quanto al video circolato in rete, Bruna ha spiegato di essersi spaventata e, dopo essersi nascosta in un’aiuola è stata trovata dagli agenti della polizia: «Ero seduta, avevo le braccia alzate dicendo di non picchiarmi, invece ho preso colpi in testa, al fianco, ancora alla testa: mi sono sentita trattata come un cane», a eccezione di una vigilessa che l’avrebbe trattata con più tatto. Dopo l’aggressione in strada, Bruna ha raccontato di stata abbandonata in auto ammanettata per venti minuti fuori dall’ufficio centrale arresti e fermi per l’identificazione: «Avevo caldo, male agli occhi e anche in auto mi hanno colpita insultandomi».
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