«Di che razza è il vostro bambino?», il questionario di una scuola a Roma. Pd: «Inaccettabile, non deve più accadere»
Nome, età, classe frequentata, ma anche «gruppo etnico o razza del bambino». È finito al centro delle polemiche il questionario distribuito lunedì scorso ai genitori delle classi di seconda elementare dell’ICS Borsi-Saffi, nel quartiere San Lorenzo di Roma. In realtà, si tratta della vecchia versione di uno strumento standard, usato per individuare precocemente i disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa). Eppure, racconta il Corriere della Sera, l’uso di parole come «etnia» o «razza» ha fatto storcere il naso ai genitori di alcuni studenti. A rispondere alle richieste di spiegazioni è il Centro clinico Marco Aurelio, che ha offerto a titolo gratuito il servizio di individuazione dei Dsa nelle classi dell’istituto. «La scelta di usare il vecchio test è puramente tecnica. Non c’è alcun intento discriminatorio», assicura Giuseppe Romano, psicologo e psicoterapeuta del Centro clinico. E sulla scelta di non modificare il riferimento alla «razza», Romano ammette: «Sì, avrei dovuto toglierlo dal questionario. Semplicemente non ci ho pensato».
Nel frattempo la questione si è allargata, arrivando a coinvolgere anche la politica. I primi a chiedere chiarimenti sono sette deputati del Partito Democratico eletti nel Lazio – Andrea Casu, Michela Di Biase, Marianna Madia, Claudio Mancini, Roberto Morassut, Matteo Orfini e Nicola Zingaretti -, che hanno annunciato la presentazione di un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. L’obiettivo è quello di chiedere «come sia stato possibile che un questionario contenente espressioni così gravi e razziste sia stato distribuito in una scuola del nostro Paese e per evitare che una vicenda del genere possa accadere di nuovo». I deputati dem descrivono l’episodio come «inaccettabile», così come sembrano non ritenere sufficiente la spiegazione data dalla scuola e dal centro clinico. «Il tentativo dei dirigenti dell’Ics Borsi-Saffi di derubricare la vicenda a scivolone lessicale non rende certamente meno grave l’utilizzo di queste espressioni, ma anzi ancor più odiosa perché avvenuta all’interno di una scuola», scrivono i deputati laziali del Pd.