Il rider licenziato perché è andato a fare volontariato in Emilia-Romagna: «Il proprietario mi ha chiamato buffone e cogl…»
Marco Santacatterina ha poco più di vent’anni e fa il rider in una pizzeria di Thiene in provincia di Vicenza. Ha un contratto a chiamata, studia all’università. Vede in tv le immagini dell’Emilia-Romagna sotto l’alluvione. E scrive al titolare della pizzeria: «Sabato e domenica non posso venire, vado a fare il volontario tra gli sfollati». Riceve questa risposta: «Sei un coglione, un buffone, mi fai ridere. Vai pure ad aiutare, io mi troverò qualcun altro. Bye bye». E viene cacciato. Questo è quello che racconta, anche se non vuole dare il nome della pizzeria. Perché non vuole scatenare gogne social.
Il precedente
Marco ha preso la decisione di partire perché l’alluvione gliene ha ricordata un’altra: «Sono rimasto profondamente colpito da quanto successo in Emilia Romagna perché mi hanno ricordato l’alluvione che nel 2011 ha devastato Vicenza. Avevo solo 12 anni e non ho potuto fare nulla, ma ora che sono adulto ho sentito il dovere di fare la mia parte». Così ha così contattato la Protezione civile di Bologna. Ed è stato indirizzato verso il canale Telegram nel quale venivano raccolte le disponibilità di volontari spalatori. A quel punto, era giovedì, ha coinvolto anche la sorella, Sara e si è organizzato per partire e raggiungere la zona di Cesena. Ha avvertito il datore di lavoro. E la risposta è stata stupefacente.
«Buffone e coglione»
«Mi prendo del buffone e del coglione, appunto. Il venerdì sera mi presento lo stesso, perché era previsto che lavorassi. Entro nel locale e il titolare mi fa: “che cosa ci fai tu qui?”. Ho capito che era finita. Ho salutato e me ne sono andato», racconta lui a La Stampa. «Ho perso il lavoro per due giorni di volontariato. Mi ero anche preoccupato di avvisare in anticipo». Santacatterina guadagnava «circa 30 euro a serata ma l’avrei fatto anche se fossero stati mille. Non sono ricco, i soldi vanno e vengono. Aiutare è qualcosa di più». In ogni caso è partito lo stesso. E dice a Cesare Nicoli che l’esperienza è stata «breve ma profonda. E paradossale. Sorridevano anche se avevano perso tutto. E cercavano, loro, di tirare su il morale a me. Sono tornato con il cuore pieno di speranza».
L’aiuto conta più dei soldi
Ora ha perso l’entrata economica che lo aiutava a mantenersi all’università: «Non mi pare decisivo. Avrei fatto lo stesso anche con una famiglia a cui badare. Due giorni di volontariato. Ho visto album di ricordi galleggiare nell’acqua, le foto dei bambini ridotte a carta straccia. Ho fatto la cosa giusta». E infine: «Io lì ci lavoravo da inizio marzo e non ho mai avuto problemi. Da quando in qua i soldi sono più importanti della gente che sta male?». Ha perso il lavoro, ma «mica provo odio. I miei genitori hanno capito che non avevo colpe, sto ricevendo molta solidarietà. Mi ha chiamato anche il sindaco di Thiene. L’aiuto conta più dei soldi».
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