Chi era Ferdinando Carretta, il ragazzo che sterminò la sua famiglia: il giallo del camper su cui indagò Di Pietro, la confessione in tv
Era morto da almeno tre giorni Ferdinando Carretta, trovato senza vita nella sua casa a Forlì dove si era trasferito dal 2006. Il 61enne nel 1989 a Parma aveva sterminato all’età di 27 anni la sua famiglia, uccidendo i suoi genitori e il fratello minorenne. Delitti che l’uomo aveva confessato, ma da cui è stato poi assolto nel 1999 perché incapace di intendere e volere. La popolarità del caso Carretta alla fine degli Ottanta iniziò dalle indagini sulla misteriosa sparizione della famiglia parmense, su cui si è parecchio fantasticato, arrivando a immaginare anche una fuga di Giuseppe Caretta, padre di Ferdinando, con il denaro dell’azienda per cui lavorava. Una prima svolta era arrivata con il ritrovamento del camper di famiglia con targa di Parma in zona San Siro a Milano, grazie a una segnalazione al programma tv Chi l’ha visto. L’indagine su presa in carico dalla procura milanese e da un allora sconosciuto Antonio Di Pietro, che non credette sin dall’inizio all’ipotesi della scomparsa volontaria, soprattutto alla luce delle diverse segnalazioni per lo più fantasiose di avvistamento dei Carretta nei più disparati luoghi del mondo.
La fuga ai Caraibi
Per quasi un decennio i Carretta non sono stati mai ritrovati, mentre sulla stampa e in tv non si sono mai fermate le ipotetiche ricostruzioni su che cosa fosse successo alla famiglia, da molti immaginata in un paese tropicale a godersi il denaro che il capofamiglia avrebbe sottratto all’azienda con una contabilità parallela. Finché nel 1998 Ferdinando Carretta viene fermato dalla polizia di Londra mentre svolgeva un servizio da pony express. L’agente che lo aveva fermato aveva associato la sua identità a quella del caso della famiglia scomparsa e lo ha segnalato a Scotland Yard. Il caso è quindi arrivato alle autorità italiane attraverso l’Interpol. Il procuratore di Parma Francesco Saverio Brancaccio è volato a Londra per interrogare Carretta. Fu quella l’occasione per lui, all’epoca 36enne, di alimentare la versione della fuga dei genitori ai Caraibi con i soldi rubati, spiegando al magistrato di non aver più visto i suoi genitori e il fratello ormai dal 1989 e di averli coperti per tutti quegli anni.
Il padre di Ferdinando Carretta in realtà quei soldi non li aveva mai rubati. Pochi giorni dopo aver sterminato la sua famiglia, l’allora 27enne aveva falsificato la firma del padre per incassare un assegno bancario di cinque milioni di lire. Dal conto del fratello prelevò invece un milione. Per rendere più credibile la teoria dell’allontanamento volontario, aveva portato il camper fino a un parcheggio di Milano, dove poi ha abbandonato il furgone. È scappato poi a Londra, portando avanti per anni una vita ordinaria, vivendo in case molto economiche e lavorando per pochi spiccioli oltre che incassando gli assegni di disoccupazione.
La confessione in tv
Solo più tardi Ferdinando Carretta ammise a Giuseppe Rinaldi di Chi l’ha visto di aver ucciso tutta la sua famiglia. Quando il giornalista gli chiese che cosa era successo la sera del 4 agosto 1989, Carretta rispose secco: «Ho impugnato quell’arma e ho sparato ai miei genitori e a mio fratello». Dell’arma però non c’è mai stata traccia. Partì così l’allerta alle autorità italiane che arrestarono Carretta a novembre del 1998: l’uomo confermò agli inquirenti la confessione che fu mandata in onda sulla Rai, come se volesse liberarsi da un peso, ha poi raccontato il gip Vittorio Zanichelli che lo ascoltò.
Le ricerche dei corpi
A distanza di anni, i carabinieri del Ris hanno cercato di recuperare tracce di Dna nella casa dei Carretta che potessero aiutare nell’identificazione certa dei corpi, una volta trovati. Quella casa però era stata pulita in modo maniacale da Ferdinando Carretta, che poi si sarebbe liberato dei corpi nella discarica della vicina Viarolo. Le ricerche dei Ris si dimostrarono più complicate del previsto, finché qualcosa emerge. Riescono a smontare un portasapone del bagno e lì in un tassello di gomma scoprono tracce di sangue umano maschile e femminile. Altre tracce ematiche erano state ritrovate anche sulla cordicella della doccia. Le ricerche dei corpi intanto andavano avanti nella discarica, ma dopo ormai dieci anni dei cadaveri non si è riuscito a trovare più nulla.
I processi
Nel 1999 la Corte d’assise di Parma ha riconosciuto Ferdinando Carretta responsabile dei tre omicidi, ma viene considerato non imputabile perché incapace di intendere e volere. Viene quindi rinchiuso nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere. Nel 2003 è tornato per alcune ore nella casa di famiglia a Parma, dove ha recuperato alcuni oggetti personali rimasti lì dal 1989. In quell’occasione il suo avvocato annunciò che avrebbe chiesto la semilibertà che ottenne l’anno dopo. Nel 2006 ha potuto lasciare l’ospedale psichiatrico per andare in una comunità di recupero a Forlì, grazie a una licenzia concessa dal magistrato di sorveglianza di Mantova. Una decisione che riaccese lo scontro giudiziario con sua zia, con cui era contesa l’eredità. Nel 2008 Ferdinando Carretta raggiunse un accordo con le zie, diventato proprietario della casa in cui aveva compiuto il massacro. Tornato in libertà nel 2015, si è stabilito in una casa a Forlì comprata cinque anni prima, dopo aver venduto quella di famiglia. Ed è lì che Ferdinando Carretta è stato ritrovato senza vita, steso sul pavimento di casa da giorni senza che nessuno se ne accorgesse.
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