Marco Tardelli e i gay nel calcio: «Ci sono ma per il coming out non è ancora il momento»
Marco Tardelli dice che per gli omosessuali nel calcio è il momento del coming out. Il centrocampista campione del mondo con l’Italia nel 1982 sostiene che è impossibile che non ci siano calciatori gay in Serie A. Ma nessuno dice di esserlo per paura: «Secondo me ci sono. È statisticamente impossibile che non ci siano. Io non vedrei il problema (a dichiararlo, ndr)». Ma non lo dicono perché «forse sentono che non è il momento. Che non c’è il clima giusto. Ma il mondo attorno a noi è cambiato. Non vedo perché non debba cambiare anche il calcio». Nell’intervista che rilascia oggi al Corriere della Sera Tardelli dice anche che gli hanno proposto di entrare in politica. «Tre-quattro anni fa, nell’area di centrosinistra. Ma una persona non era d’accordo e allora non ho accettato».
Il flirt con Moana Pozzi
L’ex Juventus nel colloquio con Elvira Serra scherza anche su Moana Pozzi. Con l’attrice pornografica morta prematuramente Tardelli ebbe un flirt che all’epoca fu molto chiacchierato. Ma a un certo punto irrompe il figlio Nicola, che fa l’analista finanziario e ricorda un dettaglio divertente: «Quando ero piccolo a scuola mi dicevano che ero il figlio di Moana Pozzi». E quando l’intervistatrice fa notare che la mamma Stella Pende forse si arrabbiava, Tardelli replica: «Mi arrabbiavo io, non lei». Ricorda l’avvocato Gianni Agnelli, con cui si sentiva al telefono alle 6 del mattino: «Quando mi feci male a una gamba mi mandò il suo fisioterapista. Prima della partita chiamò per chiedermi come stavo, risposi “vorrei tagliarmela, questa gamba”. E lui: “Lo dica a me…”. L’Avvocato non sarebbe potuto stare in questo calcio. Lui è quello che dopo la finale di Coppa dei Campioni persa ad Amburgo disse: “Doveva andare così”».
La tragedia dell’Heysel e il nuovo programma
Tardelli racconta anche che la sera della tragedia dell’Heysel lui e gli altri giocatori juventini non hanno festeggiato la vittoria nella Coppa: «Siamo solo andati a salutare i tifosi. Ma io ho sempre detto di non sentirmi vincitore». L’errore, all’epoca, fu «di tutto il calcio. Ci hanno obbligato a giocare. La decisione? Penso che la prese l’Uefa. E la polizia di Bruxelles. Perché sarebbe stato un dramma disperdere i tifosi». Oggi dice che il calciatore italiano più forte è Barella. E che tornerebbe ad allenare l’Egitto anche se c’è il caso Regeni: «Non ero d’accordo nemmeno ad allontanare gli sportivi russi dalle competizioni dopo l’inizio della guerra in Ucraina». Infine, lunedì debutterà su Raitre con “L’avversario”. Il primo ospite è Antonio Cassano: «L’avversario di Cassano è Cassano. E l’autorità maschile. Segue solo quella della mamma e della moglie».