Il teorema di Medvedev sulla controffensiva: «Zelensky costretto a lanciarla per non finire appeso come Mussolini in piazzale Loreto»
L’ex presidente russo Dmitry Medvedev risbuca dal silenzio per tornare a lanciare nuove bordate contro l’Ucraina e in particolare il suo leader Volodymyr Zelensky. E questa volta si concede il lusso di riaprire per l’occasione gli archivi di Storia del ‘900: quella italiana. «Visti le armi e i finanziamenti ricevuti dall’Occidente – scrive Medvedev su Telegram – Zelensky deve per forza portare avanti la controffensiva promessa, altrimenti rischia di finire appeso a testa in giù come Mussolini a Piazzale Loreto». Chiaro il senso del parallelo storico? Mica tanto. Ma per il vice segretario del Consiglio di Sicurezza nazionale il ragionamento è invece lampante. Eccolo spiegato. Zelensky non avrebbe altra scelta in questa fase della guerra se non quella di lanciare il tanto preannunciato contrattacco per non deludere i suoi sponsor – cosa che potrebbe costargli cara. Se non agisse in tal modo infatti, sostiene Medvedev, il presidente ucraino verrebbe colpito «per mano di qualcun altro, come piace fare a loro a Langley» (sede della Cia). I sostenitori “traditi” darebbero l’incarico di sporcarsi le mani a dei «furfanti radicali», che prima lo accuserebbero di tradimento, quindi lo «appenderebbero per i piedi con i suoi scagnozzi, come una volta appesero il Duce e i suoi in piazzale Loreto a Milano». Conclusione, secondo l’ex presidente russo: «Il regime di Kiev ha solo una via d’uscita: andare fino in fondo, mandando a morte migliaia di mobilitati».
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