Ucraina, danneggiamento della diga di Kakhovka: quali sono gli effetti sull’ambiente e i rischi per la salute
A Kakhovka, sul fiume Dnirpo, dove è andata distrutta una parte della diga antistante la città di Cherson, attualmente sotto il controllo delle truppe russe, c’è il rischio di colera ed altre epidemie. Mentre Russia e Ucraina continuano a rimpallarsi durissime accuse incrociate per il danneggiamento, quest’ultimo rischia di provocare danni ambientali ingenti, a mettere a repentaglio le città circostanti, i raccolti delle campagne e l’incolumità delle persone. Mosca e Kiev non hanno ancora denunciato morti, ma la Casa Bianca ha dato una versione diversa: «Non possiamo dire con certezza cosa sia successo, ma potrebbero esserci molti morti», ha dichiarato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby.
L’evacuazione e la centrale di Zaporizhzhia
Secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, sono circa 22 mila le persone che abitano nell’area allagata sotto controllo di Mosca e 16 mila in quella sotto controllo ucraino. E ora, considerato che il livello dell’acqua aumenterà anche oggi, «potrebbero dover evacuare tutti». Oltre al fatto che la demolizione della diga, che ha importanza strategica enorme, ha bloccato ai russi in Crimea l’acquedotto da cui arrivava l’acqua potabile. Per quanto riguarda la centrale di Zaporizhzhia, il gestore ucraino ha rassicura che «non ci sono pericoli immediati». Il presidente Zelensky ha anche parlato di una chiazza nera da 150 tonnellate di petrolio in viaggio dal fiume Dnipro verso il Mar Nero.
I danni all’ambiente
«Un disastro ambientale di scala europea»: così Maxim Ostapenko, ex direttore del Parco naturale di Khortysya, a valle della diga, definisce al Corriere il danneggiamento. «L’acqua ha travolto aree urbane e agricole trascinando con sé un’enorme quantità di elementi tossici. Ne verrà avvelenata la terra, una della più fertili del mondo e il Mar Nero», spiega. Precisa poi che sulle coste della Romania e della Bulgaria arriverà un’ondata di fango e che «se si dovessero muovere i sedimenti degli impianti metallurgici che ci sono sul fondo del bacino a monte, causerebbero un avvelenamento perpetuo». Si può fare qualcosa per fermare l’inquinamento? No, perché c’è una guerra di mezzo e la bonifica sarà quindi svolta a conflitto finito. «C’è un aspetto positivo, però. Potrebbe essere l’occasione per riportare l’ultimo tratto del Dnipro nel suo corso naturale e ripristinare un ambiente umido unico in Europa. Nella tragedia, un’opportunità», chiosa l’ex direttore.
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