Miracolo in Colombia: quattro bambini ritrovati vivi dopo un incidente aereo e 40 giorni nella giungla
Un miracolo. Quattro bambini sono stati ritrovati vivi in Colombia dopo essere sopravvissuti a un incidente aereo e a 40 giorni da soli nella giungla. La storia ha dell’incredibile e al suo interno c’è anche un giallo. Ma per ora si sa che Lesly Jacobombaire Mucutuy, di 13 anni, Soleiny Jacobombaire Mucutuy, di 9, Tien Noriel Ronoque Mucutuy, di 4, e Cristin Neriman Ranoque Mucutuy, di 1 anno si trovano su un elicottero di soccorso Blackhawk. Il 18 maggio scorso il presidente della Colombia Gustavo Petro aveva fatto lo stesso annuncio. Ma senza pubblicare foto dei bambini. Successivamente la notizia era stata smentita da una Onlus che si occupava del caso. I quattro sono intanto giunti in aereo a Bogotà alle 12:27 locali (le 6:27 italiane). Secondo la nonna è stata la piccola Lesly a salvare gli altri tre fratellini.
L’annuncio del ritrovamento
Il primo annuncio del ritrovamento dei bambini è arrivato dal quotidiano colombiano El Tiempo. L’incidente aereo era avvenuto il primo maggio scorso nella selva del Guaviare del dipartimento di Caquetà. I quattro fratellini – di 13, 9, 4 anni e di 11 mesi – sono sopravvissuti ad un incidente aereo nel quale sono morte tre persone (due piloti e una donna). I soccorritori avevano trovato degli indizi dei bambini nella selva, tra cui tracce di una capanna di foglie e impronte recenti di scarpe. Ma anche un paio di forbici e un pannolino usato. Nelle ricerche sono stati impegnati 200 uomini, tra cui le Forze Armate colombiane. Proprio l’esercito ha poi confermato ufficialmente il ritrovamento dei bambini. Dando meriti anche alle popolazioni indigene che hanno collaborato alle ricerche.
Il presidente
Successivamente è arrivata anche la conferma del presidente colombiano Gustavo Petro. Che era stato criticato a maggio per l’annuncio frettoloso sul salvataggio che ancora oggi rimane un giallo. Anche il nonno dei bambini Fidencio Valencia ha confermato con Afp il salvataggio: «Sì, sono stati ritrovati. Ma ora sto cercando un volo per andarli a prendere urgentemente». Ora sono nel posto di comando unificato della più vicina San Jose Guaviare, per le valutazioni mediche, prima del trasferimento nella capitale Bogotà. Nelle foto i piccoli, indigeni della comunità Huitoto, appaiono piuttosto scarni, ed il presidente Petro ha fatto sapere che le loro condizioni di salute sono «debilitate». Dopo la smentita del primo ritrovamento nuove tracce del passaggio dei bambini, nel corso delle settimane, hanno incoraggiato le ricerche. Erano stati anche lanciati anche oltre 100 kit di sopravvivenza contenenti acqua e cibo, per aiutare i quattro bambini nei loro sforzi.
La storia dell’incidente aereo
I bambini erano originari del gruppo indigeno Uitoto. L’incidente aereo risale al primo maggio. Erano morti la loro madre, Magdalena Mucutuy Valencia, e ad altri due adulti: il pilota Hernando Murcia Morales e il leader indigeno Yarupari Herman Mendoza Hernandez. Il velivolo era stato ritrovato il 16 maggio, in una zona boscosa del municipio di Solano, nel dipartimento di Caquetà, nel sud del Paese. Sul posto erano stati rinvenuti i tre adulti morti nello schianto, ma nessuna traccia dei piccoli. Il ritrovamento di resti di frutta con tracce di morsi aveva acceso la speranza di ritrovarli in vita. Per questo era scattata una massiccia operazione di ricerca guidata dai militari. Il ministro della difesa Ivan Velasquez ha parlato di miracolo: «Dall’Operazione Speranza all’Operazione Miracolo. Tantissimi complimenti alle forze militari e a chi non ha perso la speranza e ha lavorato giorno e notte per rendere possibile il Miracolo».
L’arrivo a Bogotà
I quattro bambini sono giunti a Bogotà. Nella base aerea, riferisce il quotidiano El Tiempo, li attendevano quattro ambulanze. Sono stati trasferiti all’Ospedale militare di Bogotà dove continueranno i controlli medici ed il processo di idratazione e alimentazione. Secondo Fatima Valencia, la nonna, è stata la tredicenne Lesly a prendersi cura degli altri tre bambini: «Si è sempre presa cura di loro quando la loro madre lavorava. Dava loro farinita, casabito (farina e pane di manioca), qualsiasi frutto del cespuglio», ha detto all’Afp.
«Sopravvissuti grazie al sapere delle tribù»
Secondo John Moreno, leader indigeno guananese di Vaupes, i bambini sono sopravvissuti grazie al sapere acquisito nella loro tribù. In particolare dalla nonna Fatima. Come ha raccontato John Moreno, un leader indigeno guananese di Vaupes, «È una giungla vergine, fitta, pericolosa e hanno dovuto ricorrere alla conoscenza che apprendono nella comunita’, la conoscenza ancestrale per sopravvivere», sostiene Moreno secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Agi. «Sono stati cresciuti dalla nonna, che è esperta nella riserva indigena di Araracuara. La conoscenza tradizionale che è stata loro insegnata è stato ciò che li ha fatti sopravvivere», ha concluso. Anche Sandra Vilardy, viceministro per le politiche ambientali, ha messo l’accento sulla «conoscenza che gli era stata data in precedenza» che ha permesso loro di sopravvivere alle difficoltà nella giungla, con poco cibo e animali pericolosi.
La scomparsa del cane Wilson
Intanto è scomparso Wilson, un pastore belga di sei anni, protagonista delle ricerche di Operazione speranza. Nei giorni scorsi si è perso nelle giungle di Caquetá e Guaviare. I militari ritengono che sia stato proprio Wilson a trovare per primo i bambini. Perché hanno notato l’impronta dell’animale e quella di un bambino nella stessa area. «Abbiamo un cane smarrito e le ultime tracce mostrano l’impronta di un cane e quella di un bambino. Pensiamo che sia con loro. Sarebbe spettacolare. Farebbe loro una buona compagnia», aveva infatti affermato qualche giorno fa Fausto Avellaneda, comandante di Operazione Speranza.
Le ipotesi
Una delle ipotesi sulla scomparsa del cane è che «a causa della complessità del terreno, dell’umidità e delle avverse condizioni meteorologiche, possa aver perso l’orientamento». Secondo l’esercito, Wilson è stato il cane che ha trovato una delle prove del passaggio dei piccoli, il biberon della neonata, Cristín, in mezzo alla vegetazione. Inizialmente i militari e gli indigeni impegnati nella cosiddetta “Operazione Speranza” hanno seguito le tracce dei bambini per un’area di circa 323 chilometri quadrati, pari all’intera provincia di Buenos Aires. La settimana passata, l’area era stata ridotta a 20 chilometri quadrati.