Lollo morì di tumore a soli 5 anni: finiscono a processo i dirigenti dell’ex Ilva
Lollo morì a Taranto, nel 2014, a soli 5 anni, per colpa di un tumore al cervello. Oggi per questa morte, sei persone, dirigenti ed ex dirigenti dell’ex Ilva, saranno processati a partire dal prossimo 2 ottobre. A deciderlo la Corte d’appello di Lecce, che accoglie il ricorso presentato dal sostituto procuratore Mariano Buccoliero e dai familiari del bimbo contro la sentenza di non luogo a procedere del gup Pompeo Carriere del 12 luglio 2022. La storia dell’Ilva di Taranto è nota così come nota è l’enorme crescita di tumori tra gli abitanti della zona. In questo caso per l’accusa i dirigenti sarebbero responsabili della «dispersione di polveri e sostanze nocive» con condotte che avrebbero contribuito a provocare «una grave malattia neurologica al piccolo».
Ex Ilva, la storia di Lollo, morto per un tumore al cervello
Lorenzo Zaratta detto Lollo, morì il 30 luglio del 2014. A soli tre mesi di vita gli fu diagnosticato un tumore al cervello. Per l’accusa gli imputati avrebbero consentito «la dispersione di polveri e sostanze nocive provenienti dalle lavorazioni», «omettendo l’adozione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali». Condotte che avrebbero portato il piccolo ad assumere le sostanze velenose durante «il periodo in cui era allo stato fetale» sviluppando una «malattia neoplastica che lo conduceva a morte». Gli imputati sono l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso; l’ex responsabile dell’area parchi minerali, Marco Andelmi; il capo dell’area cokerie Ivan Di Maggio; il responsabile dell’area altiforni Salvatore De Felice; i responsabili delle due acciaierie Salvatore D’Alò e Giovanni Valentino. Nei confronti di altri due imputati, per i quali fu riconosciuto un errore nei capi d’imputazione, non è stato presentato ricorso. La Corte, invece, dovrà pronunciarsi a ottobre in merito all’impugnativa contro l’assoluzione (con la formula «perché il fatto non sussiste») di Angelo Cavallo, già responsabile dell’area agglomerato, unico imputato che scelse il rito abbreviato e per il quale il pm aveva chiesto la condanna a 2 anni e 4 mesi. Ad accogliere il ricorso presentato dal sostituto procuratore Mariano Buccoliero e dai familiari del bimbo (i genitori e il fratello), che si costituirono parte civile tramite l’avvocato Leonardo La Porta, è stata la sezione distaccata di Taranto della Corte d’appello di Lecce (presidente De Scisciolo, consiglieri Cavallone e Incalza).
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