L’avvocato di Berlusconi: «Era amareggiato per l’inchiesta sulle stragi di mafia del 1993»
Fausto Coppi, storico avvocato italiano, è stato anche il legale di Silvio Berlusconi. A presentarli il collega scomparso Niccolò Ghedini. Oggi in un’intervista a La Stampa il penalista che ha difeso anche Giulio Andreotti e Gianni De Gennaro ricorda che il rapporto era «sul piano umano e personale, molto piacevole. Dal punto di vista professionale Berlusconi aveva molta fiducia nell’operato dei suoi avvocati, non era ansioso e non era assillante. Le accuse che gli sono state mosse sono cadute tutte quante tranne in Cassazione con il famoso processo sui diritti televisivi. Con una sentenza che ha dato luogo a molte polemiche e sulla quale ci sarebbe ancora molto da discutere».
Le cravatte e le stragi
Coppi racconta che Berlusconi aveva casse di cravatte che si faceva fare da un artigiano di fiducia. «Le teneva per donarle ai suoi ospiti. A me dava tutta la cassa». Dice che gli mancherà: «È uno dei personaggi che hanno fatto la storia». È freddo riguardo le ipotesi di complotto della magistratura contro di lui: «Parto dall’idea che si vive in collettività e che si può essere chiamati a rendere conto. Soprattutto se hai un ruolo pubblico. Non ho mai visto tutto questo come un complotto o come un attentato giudiziario alla vita politica del Paese. Non avevo tempo da perdere nel pensare a cosa ci poteva essere dietro alle accuse, mi bastava il davanti». Dice che lo ha visto l’ultima volta «qui a Roma poco prima del ricovero per fare il punto della situazione». E rivela che «c’erano state le sentenze favorevoli di Siena e di Roma. Il problema erano gli eventuali appelli di queste sentenze e le voci che circolavano su un fascicolo aperto dalla procura di Firenze sulle stragi di terrorismo del ’93 su cui non abbiamo avuto nessun avviso di garanzia né conferme sul suo eventuale coinvolgimento. Era amareggiato».
Il 1993
A quale inchiesta si riferisce Coppi? A Firenze è aperto un fascicolo di indagine sulle stragi di via dei Georgofili, di Roma e di Milano che risalgono al 1993. Berlusconi è indagato almeno dal 2019 insieme a Marcello Dell’Utri. La vicenda è tornata d’attualità dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. E parte dalla strategia della tensione di Cosa Nostra inaugurata dopo l’arresto di Totò Riina. E conclusasi dopo l’arresto dei fratelli Graviano a Milano. Secondo il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza nel gennaio di quell’anno Giuseppe Graviano gli confidò che la mafia aveva trovato un accordo per concludere la stagione delle stragi. Con Berlusconi e Dell’Utri. Dopo quell’incontro i Graviano finirono in carcere. E in un memoriale Madre Natura sostenne che alcune famiglie palermitane avevano un credito da riscuotere nei confronti di Berlusconi.
La foto
Poi c’è la storia della foto che ritrarrebbe sempre Berlusconi in compagnia di Graviano e del colonnello Delfino. A Massimo Giletti l’avrebbe mostrata Salvatore Baiardo, fiancheggiatore dei Graviano. Che però nega tutto. Ma Baiardo avrebbe anche minacciato Berlusconi e il governo. Nelle sue conversazioni intercettate in carcere Graviano fece intendere che Berlusconi gli aveva chiesto un favore e che era pronto a scendere in politica già dal 1992. L’inchiesta di Firenze, spiega oggi Il Fatto Quotidiano, non si chiuderà con la morte di Berlusconi. Invece Dell’Utri rimarrà l’unico indagato. In attesa delle decisioni dei pubblici ministeri Turco e Tescaroli.
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