Il testimone sulla bimba scomparsa a Firenze: «Ho visto Kataleya trascinata via con la forza». L’ipotesi vendetta per uno stupro
C’è un testimone nel caso di Kataleya Alvarez, la bambina scomparsa dall’hotel Astor a Firenze. Sostiene che la ragazzina di 5 anni sia stata rapita. La persona, che potrebbe essere un occupante o un vicino di casa, ha detto ai pubblici ministeri Christin Von Borries e Giuseppe Ledda: «L’ho vista trascinare via con la forza». La direzione sarebbe «oltre il cortile», verso il palazzo a fianco. L’orario è compatibile con quello della sparizione. Ovvero tra le 15 e le 15,30. Quando le telecamere inquadrano Kata che si affaccia al cancellone dell’albergo e poi rientra. E mentre le perquisizioni nel palazzo vicino all’Astor dà esito negativo, arriva una segnalazione da Bologna. Ma anche un possibile movente per il sequestro di persona. Si parla di una vendetta per una violenza sessuale nei confronti di un’adolescente di origine peruviana. Intanto il padre di Kataleya è stato scarcerato.
La vendetta
La violenza sarebbe avvenuta lo scorso febbraio. A raccontare il movente è oggi La Stampa. Ne hanno parlato alcuni inquilini dell’albergo di San Jacopino: «I parenti di quella quindicenne forse si sono vendicati perché la ragazza era stata abusata da qualcuno dell’hotel». La moglie del cittadino peruviano caduto dal balcone il 27 maggio scorso aggiunge altri dettagli: «Da noi c’è uno che gestisce l’affitto delle stanze. Quest’uomo un giorno ha litigato con la figlia. Durante la discussione è venuto fuori che una ragazzina di 15 anni era stata violentata da qualcuno nell’hotel. C’è stata anche una riunione tra tutti per discutere del fatto». La donna non ricorda se tutto sia accaduto nel febbraio scorso: «Non sono sicura. Ma sono certa che durante la riunione c’era anche il papà di Kataleya». Che si trova nel carcere di Sollicciano per furto da marzo.
Il rapimento
Le vie di fuga dal piazzale dell’Astor, dove giocavano i bambini sabato scorso, sono almeno due. La prima dà su via Boccherini, l’altra su via Monteverdi. Ce n’è anche una terza. Si tratta di una vecchia porta su una parete sul retro. Dà sulla strada in un punto non inquadrato dalle telecamere. E sarebbe stata trovata chiusa. Ieri i cani molecolari hanno battuto palmo a palmo l’intera struttura per trovare la ragazzina. Senza esiti. I bambini hanno parlato del “passaggio segreto” dell’altra porta. Aggiungendo che non lo usavano per paura di un occupante che lì ha ricavato una stanzetta per dormire. Lo zio materno Abel e il fratello maggiore di Kata (che ha otto anni) sono stati ascoltati nuovamente dagli inquirenti. Lo zio ha ammesso di aver perso di vista la bambina perché stava cambiando i vestiti di sua figlia, che ha due anni.
Il fratello di Kata e gli uomini con i palloncini
La mamma di Kata, dopo avere ingerito candeggina, è ancora in ospedale. Il papà, anche lui disperato da avere tentato il suicidio, è in carcere. Tra i parenti però nonostante queste ore tremende si nutre fiducia: «Abbiamo una speranza in più, non posso dire che cosa, ma noi abbiamo questa fede», ha detto Elisa Suarez, zia della bimba scomparsa. La vicenda dello stupro potrebbe essere inquadrata anche all’interno delle rivalità tra le comunità della zona. Sotto la lente degli investigatori, spiega il quotidiano, c’è la guerra tra bande di Latinos del quartiere. Il fratello di Kataleya ha raccontato che sabato si sarebbero avvicinati degli uomini con dei palloncini mentre giocava con la sorella. «Subito dopo Kata è sparita», ha detto. Ma dalle telecamere di sorveglianza non si vede l’entrata di nessuno che abbia con sé dei palloncini.
L’avvistamento a Bologna e i cartelli “Sto bene”
La questione della vendetta si collegherebbe con il post sul social network apparso e poi scomparso nei giorni precedenti: «Ricordatevi che avete una famiglia in Perù». Durante le perquisizioni i militari hanno cercato in particolare «la maglietta con Minnie e il cappellino di Kata». La segnalazione da Bologna è stata nel frattempo verificata: la bambina purtroppo non era lei. Vicino all’albergo lungo la linea del tram che corre lungo il torrente Mugnone sono invece apparsi dei cartelli. Erano fogli bianchi in A3 con scritto, tra parentesi, «sto bene». Correvano lungo la linea del tram, erano affissi anche sulla balaustra del ponte Margherita Hack. I cartelli sono stati rilanciati anche dalla pagina Facebook “Peruanos pe unidos per un solo Firenze (Peruviani uniti da una sola Firenze)“.
Le perquisizioni
Ieri i carabinieri hanno setacciato appartamenti, garage, scantinati. I vigili del fuoco hanno sfondato una porta, aprono e perlustrato i pozzi neri. Hanno alzato le saracinesche dei box verificato ogni angolo. Fino al tetto. Tra le due proprietà è stato un andirivieni, anche col fratellino, per percorrere un tragitto possibile, un itinerario che forse potrebbe essere stato usato da ipotetici rapitori per portare via Kata senza uscire dal cancello principale che dà sulla strada. La Dda indaga per sequestro di persona a scopo di estorsione, una sorta di rapimento per vendicarsi e ottenere qualcosa. Muri di giardini, resede, locali sprangati, sembrano non far comunicare i due edifici, è un dedalo ma passaggi interni e segreti, sostengono gli abitanti, rendono possibile tagliare l’isolato dall’interno senza camminare in strada e raggiungere via Monteverdi, una via traversa. Così si poteva portare via la bambina senza essere visti.
La mamma Katherine
Gli investigatori dei carabinieri sono stati incaricati anche di interrogare a tappeto tutti gli occupanti che vivono all’interno dell’ex hotel Astor chiedendo se hanno notizie utili a rintracciare Kataleya, o tracce anche per delineare il contesto in cui la piccola vive. E c’è anche un mistero che riguarda Katherine, la mamma. Ha saputo della scomparsa della figlia al ritorno dal lavoro, alle 15.40. Ma ha fatto denuncia soltanto alle 20. A chi si è affidata per cercare Kata nel frattempo?
Il covo dei rapitori
L’edizione fiorentina di Repubblica sostiene che nella maxi-ispezione è stato ritrovato il presunto covo dei rapitori. Si tratta di un garage o di un appartamento di un palazzo nelle vicinanze. Dopo l’interrogatorio del fratello è scattata una perquisizione al civico 34. I carabinieri hanno anche scortato una coppia mentre andava in un’auto parcheggiata in via Monteverdi. I militari hanno perquisito il mezzo e portato via qualcosa. Già durante le prime perquisizioni di domenica i cani molecolari avevano “puntato” un palazzo accanto all’ex hotel Astor.
La scarcerazione di Miguel Chicillo
Nel frattempo, fa sapere l’agenzia di stampa Agi, il giudice ha disposto la scarcerazione di Miguel Angel Romero Chiccllo, padre di Kataleya. L’uomo si trovava nel carcere fiorentino di Sollicciano dopo una condanna in primo grado per furto. Il tribunale ieri sera ha attenuato la misura cautelare, applicandogli l’obbligo di firma. Il suo legale, l’avvocato Cristiano Toraldo, ha detto all’agenzia di stampa Ansa che l’uomo è stato scarcerato «per stare vicino alla famiglia». Ora dovrà presentarsi a firmare due volte la settimana nella stazione dei carabinieri più vicina. Era in prigione a Sollicciano per furto e utilizzo indebito di carte di credito.