L’addio di D’Alema a Berlusconi: «Forse aveva ragione a ritenersi perseguitato dai giudici»
Secondo Massimo D’Alema, Silvio Berlusconi ha avuto «probabilmente» ragione nel ritenersi perseguitato da alcuni giudici. «Ma credo che Berlusconi abbia sollevato un problema reale declinandolo nel modo sbagliato», dice l’ex leader dei Ds in un’intervista al Corriere della Sera. «E cioè interpretandolo come se ci fosse il complotto dei magistrati di sinistra contro di lui. In realtà quello che si era determinato nel nostro Paese era stato uno squilibrio nei rapporti tra poteri dello Stato, questa è la verità».
Il complotto
Per l’ex premier di centrosinistra, «il tema era il riequilibrio, non il complotto contro Berlusconi. E alla fine quel suo scontro con i giudici ha creato un clima nel quale non è stato possibile fare nessuna riforma». Il Lìder Maximo dice di aver provato «dispiacere» per la morte del leader di Forza Italia. «Berlusconi era un combattente. Un avversario, certo, ma un uomo capace anche di suscitare ammirazione e persino simpatia dal punto di vista umano». Il Cavaliere si è presentato «nel nome dell’anticomunismo ma anche presentandosi come ‘il nuovo’ contro la vecchia politica dei partiti. Una miscela geniale di tradizione e innovazione», afferma D’Alema.
Il lutto
Il quale sul lutto nazionale invece ritiene che sia «una decisione che corrisponde a un sentimento non di tutti, certo, ma di una parte importante degli italiani. Non credo che debba essere materia di polemiche». D’Alema racconta anche a Tommaso Labate di come nel ’92 Berlusconi gli chiese «Perché lei non fa qualcosa con noi?» in televisione. «Gli dissi che non era possibile, visto che ero deputato della Repubblica».