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Perché la direttiva Ue sui lavoratori della gig economy può essere una rivoluzione

La proposta dei ministri del Lavoro dei Paesi membri introduce criteri oggettivi per riqualificare facilmente i rapporti di lavoro irregolari di chi collabora con le piattaforme

Mentre gli Stati nazionali sembrano restare paralizzati di fronte agli enormi problemi di tutela del lavoro che vengono sollevati dalla diffusione dell’economia digitale, l’Unione Europea procede a passi spediti verso quella potrebbe essere una vera a propria rivoluzione. La proposta di direttiva comunitaria su cui è stato appena trovato un accordo – e che dovrà ora essere finalizzata e approvata dal Parlamento Europeo  – offre, infatti, una risposta forte e chiara a una domanda che, invece, sembra lasciare afoni i governi nazionali (con l’eccezione della Spagna): come evitare che i lavoratori della gig economy siano “subordinati” solo delle app, ma non di chi li paga? La risposta della proposta di Direttiva si affida ad alcuni indicatori oggettivi, la cui presenza consentirebbe agli organi di vigilanza e ai giudici del lavoro di riqualificare tutti i rapporti irregolari di chi collabora con piattaforme digitali senza necessità di accertamenti complessi.

I criteri e l’algoritmo

In particolare, sarà sufficiente che il rapporto presenti almeno tre dei seguenti criteri affinché lo stesso si possa riqualificare come lavoro dipendente: limiti massimi sulla quantità di denaro che i lavoratori possono ricevere; restrizioni sulla loro capacità di rifiutare il lavoro; regole che ne disciplinano l’aspetto o il comportamento; vincoli sull’orario di lavoro, le vacanze o il trasferimento a terzi dell’impegno lavorativo; limiti alla possibilità di allargare la clientela. In presenza di questi indicatori, si applicherà una forma di presunzione di subordinazione: dovrà essere il datore d lavoro a dimostrare  che non esiste alcun rapporto di lavoro secondo la legislazione e la prassi nazionale. Manca ancora del tempo prima che questa proposta di Direttiva si traduca in una norma vincolante (una volta completato l’iter di approvazione a livello comunitario, servirà un atto normativo interno di recepimento).

Un commissariamento necessario?

C’è da chiedersi se davvero bisogna aspettare questa forma di (giusto e inevitabile) commissariamento del nostro ordinamento, che avrebbe già ora tutti gli elementi di analisi per intervenire con durezza su un fenomeno, quello dell’abuso contrattuale, che sta raggiungendo dimensioni inaccettabili. Elementi che già sono colti dalla giurisprudenza, inflessibile nel convertire i rapporti in forme di lavoro subordinato ogni volta che vengono portati alla sua attenzione, ma dentro un quadro di regole troppo fragile per costruire un argine adeguato. Una situazione che non crea solo danni retributivi per chi rimane intrappolato dentro contratti irregolari, ma danneggia in maniera pesante anche le loro aspettative previdenziali e rende difficoltosa l’applicazione delle misure di salute e sicurezza sul lavoro. Una vera emergenza che richiederebbe, questa si, un decreto legge urgente.

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